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296 | dialoghi dei morti. |
ciurmadore pieno d’imposture. Fà che si spogli, e vedrai molte cose ridicole nascoste sotto il mantello.
Mercurio. A te: deponi prima il vestimento; e poi tutto il resto. O Giove! quanta iattanza ei porta sotto, quanta ignoranza e contese e vanagloria: quante quistioni strane, discorsi spinosi, pensieri ravviluppati! quanti studii vani, ed inezie, e sciocchezze, e paroluzze. E questo altro? sì, è oro, amorazzi, impudenza, iracondia, e lusso, e mollezza. Non nascondere, chè io vedo tutto. Deponi ancora la bugia, l’orgoglio, la presunzione. Se vi entri con tutto questo, ci vorria una nave di cinquanta remi per portarti.
Filosofo. Depongo tutto, giacchè così m’imponi.
Menippo. Deponga quella barba ancora, o Mercurio: vedi come è pesante ed irsuta: son cinque mine di peli almanco.
Mercurio. Dici bene: deponila.
Filosofo. E chi me la raderà?
Mercurio. Questo Menippo: prenderà la scure della nave, e te la taglierà sopra la scala, che gli sarà come ceppo.
Menippo. No, o Mercurio: dammi una sega, chè saran le risa più grandi.
Mercurio. La scure basta. Or bene: via, m’hai fatto un po’ di viso da uomo, e senti meno del caprone.
Menippo. Vuoi che gli mozzi un po’ delle sopracciglia?
Mercurio. Sì: ei le alza fin sopra la fronte, gonfiandosi non so perchè. Ma che è? Tu piangi, o vigliacco? la morte ti fa paura? Entra pure.
Menippo. Bada: ha un’altra cosa assai pesante sotto l’ascella.
Mercurio. E quale, o Menippo?
Menippo. L’adulazione, o Mercurio, che nella vita gli valse tant’oro.
Filosofo. E tu, o Menippo, anche tu deponi la parlantina, la franchezza, il buon umore, il motto, il riso: chè solo tu ridi fra tutti gli altri.
Mercurio. No: ritienile queste cose: le son vuote, leggiere, e buone pel navigare. E, tu, o Retore, deponi tanti paroloni, e contrapposti, e cadenze eguali, e periodi, e barbarismi, e le altre pesantezze del discorso.