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dialoghi marini. | 273 |
fai forza, e mi trascini al mare? Io affogherò, misera me, io affondo.
Nettuno. Non temere, non avrai male. Io farò qui spicciare una fontana, che avrà il tuo nome, percotendo col tridente questa pietra vicina al lavatoio: tu sarai beata, e sola fra le tue sorelle non porterai acqua quando sarai morta.
7.
Noto e Zefiro.
Noto. Questa giovenca, o Zefiro, che Mercurio conduce per mare in Egitto, è quella che fu sverginata da Giove che n’era preso d’amore?
Zefiro. È quella, o Noto: allora non era giovenca, ma una donzella, figliuola del fiume Inaco: ora Giunone l’ha così trasmutata per gelosia, essendosi accorta che Giove n’era innamorato.
Noto. E l’ama anche ora ch’ella è vacca?
Zefiro. Molto: e però l’ha mandata in Egitto, ed ha ordinato a noi di non muovere fiato sul mare, finchè ella nol tragitterà a nuoto: colà sgraverassi del ventre, che è già gravida, e sarà Dea ella ed il parto.
Noto. Dea una giovenca?
Zefiro. Sì, o Noto: e avrà signoria su i naviganti, come ha detto Mercurio, e sarà nostra regina, e a suo talento ci comanderà di soffiare o di restarci.
Noto. Dobbiam dunque prestarle ossequio, o Zefiro, se già è nostra regina.
Zefiro. Certamente: e così ci sarà benigna. Ma già ha valicato, ed è uscita su la riva. Vedi come non cammina più su quattro piedi, Mercurio l’ha rizzata, e l’ha rifatta donna bellissima.
Noto. Oh, che maraviglia, o Zefiro: non più corna, nè coda, nè unghie fesse, ma una leggiadra donzella. Oh, e Mer-