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244 dialoghi degli dei.

sime quando, distesa la clamide su la rupe, vi si pon sopra a giacere, avendo la mano sinistra ai dardi che gli cadono tra le dita; e la destra che in su ripiegata intorno il capo inquadra la bella faccia: e così dormendo respira un alito soave d’ambrosia. Allora io tacitamente m’avvicino, camminando su le punte dei piedi per non fare strepito e svegliarlo.... tu intendi: che debbo dirti di più? Ah, io mi sento morir d’amore.


12.

Venere e Amore.


Venere. O figliuol mio Amore, poni mente a quel che fai. Non dico su la terra, quante pazzie persuadi agli uomini di fare contro sè stessi e contro gli altri, ma qui in cielo. Ci mostri Giove sotto varie forme, e lo trasmuti in quel che ti pare; fai discender la luna dal cielo; e talvolta costringi il Sole ad indugiarsi presso a Climene scordando il cocchio e i cavalli. A me poi ne fai sicuramente quante ne vuoi, chè io ti son madre. Ma, o temerario, anche a Rea che è sì vecchia e madre di tanti Dei, hai messo il chiodo d’un garzone frigio. Eccola ammattita per cagion tua, ha aggiogati due leoni, e facendosi seguire dai Coribanti, che son furiosi anch’essi, va su e giù scorrendo per l’Ida: ella chiama Ati a gran voci; ed i Coribanti, chi con la spada si ferisce un braccio, chi scapigliato va furiando pe’ monti, chi suona col corno, chi fa rimbombare il timpano, chi strepita coi cembali; sicchè tutto l’Ida è pieno di rumori e di furori. Io temo, misera a me che ti ho partorito così gran malvagio, io temo tutto, e specialmente questo, che Rea o tornando in sè, o più impazzando, non ti faccia prendere dai Coribanti, e sbranare o gettare ai leoni. Temo, perchè ti vedo in questo pericolo.

Amore. Non temere, o mamma: i leoni con me sono mansueti, spesso mi portano sul dorso, io li afferro per la giubba, e li meno dove voglio; essi dimenan la coda, si fan mettere la mano in bocca, me la leccano, ed io me la ritraggo senza of-