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VII.

PROMETEO,

o

IL CAUCASO.



Mercurio, Vulcano, Prometeo.


Mercurio. Ecco, o Vulcano, il Caucaso, dove dobbiamo inchiodare questo sventurato Titano. Andiamo guardando se v’è qualche rupe acconcia, qualche balza nuda di neve, per fermarvi salde le catene, e sospenderlo alla vista di tutti.

Vulcano. Andiam guardando, o Mercurio: non conviene crocifiggerlo in luogo basso e vicino alla terra, chè gli uomini da lui formati verrebbero ad aiutarlo: nè troppo in cima, chè non saria veduto da quei di giù. Se ti pare, qui è una giusta altezza, su questo precipizio potrà esser crocifisso: stenderà una mano a questa rupe, ed un’altra a questa dirimpetto.

Mercurio . Ben dici: queste rocce son brulle, inaccessibili da ogni parte, ed alquanto pendenti; e nella rupe c’è appena questo poco di sporto, dove poggiare le punte de’ piedi: per croce non troveremmo di meglio. Non indugiamo, o Prometeo: monta, ed accónciati ad essere affisso al monte.

Prometeo. Almeno voi, o Vulcano, o Mercurio, abbiate pietà di me sventurato immeritamente.

Mercurio. Vuoi che abbiamo pietà di te, o Prometeo, affinchè siamo crocifissi noi in vece tua, per aver trasgredito ad un comando? Ti pare egli che sul Caucaso non ci sia luogo per inchiodarvi due altri? Via, stendi la mano destra, e tu, o Vulcano, legala, fermala ad un chiodo, mena di forza il martello. Dammi l’altra: stia salda anche questa. Ora va bene. Tosto discenderà l’aquila a roderti il fegato, e così avrai tutta la ricompensa delle tue ingegnose invenzioni.

Prometeo. O Saturno, o Giapeto, o Terra madre mia, mirate che soffro io infelice, che non ho fatto alcun male.