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intorno la vita e le opere di luciano. 139

è detto grand’uomo da uno che non lo credeva Dio. Ma lasciamo pure questa discussione, e diciamo con piena coscienza che Luciano nel Peregrino non deride nè oltraggia i cristiani in nessun modo: e che gli uomini timorati possono leggere senza scandalo questo scritto, i sennati farne giudizio più giusto.

Non è già una fantasia, ma un’usanza dei Greci quel parlare che fanno nel ginnasio un Cinico, il quale loda Peregrino come il maggiore dei filosofi, un miracolo di natura, paragonabile solamente a Giove olimpico; ed un altro innominato (che forse è Luciano stesso) il quale ne racconta diffusamente la vita e le vergogne, e discorre del proposito fatto di bruciarsi vivo per acquistare gran fama, ed essere tenuto come un iddio dalla gente sciocca, ed infine vorrebbe che tutti i cinici seguissero l’esempio del loro maestro. La gran vanità di Proteo, il suo dubitare, poi decidersi, il rogo, la processione, il bruciamento, i Cinici che rimangono immobili, Luciano che li deride, quelli che gli si voltano in cagnesco, e alle minacce cagliano, la partenza, i discorsi della gente che ritorna dal fatto, ogni cosa è descritto con evidenza e con bellezza di stile e di parole. Io vi riconosco Luciano che si ride delle sciocchezze umane, e si piglia spasso a descrivere gli sciocchi, ma non perdona mai e niente a coloro che fanno il tristo mestiere d’ingannare il genere umano: e per me quest’opera è certamente genuina.

LXXVIII. Ei pare che alcuni di quei Cinici seguaci di Peregrino, che Luciano minacciò afferrarli e gettarli nel rogo appresso al loro maestro, avessero sparlato di Luciano: il quale avendo dipinto il maestro, dipinge gli scolari nel dialogo i Fuggitivi. Al Bourdelot ed al Marcilio questo dialogo non pare di Luciano: al Kustero sì, e per la materia e per lo stile. La scena, come in