Pagina:Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini - Tomo 1.djvu/143


intorno la vita e le opere di luciano. 135

questo ed altri dialoghi furono scritti, e però non possiamo farne giudizio esatto, nè dirne altro. E forse è bene di non dire molto di uno scherzo troppo prolungato.

LXXVII. Se alcune delle più belle opere di Luciano, perchè strapazzano la filosofia ed i filosofi, non sono tenute per sue, il Peregrino, perchè narra la morte di un impostore che fu cristiano, e perchè dice per incidente poche parole generali intorno ai cristiani, ha fatto nascere mille scrupoli, mille dubbi, mille clamori, ed è stato sentenziato come scritto empio, scellerato, apocrifo, e monco. Osserviamo senza preconcetto. Non è un dialogo, ma una lettera di Luciano a Cromo, nella quale con molti particolari si narra la morte di Peregrino, detto il Proteo, che da sè stesso si gettò in una pira accesa innanzi a moltissimi spettatori raccolti per i giuochi olimpici. Lo scrittore afferma di avere già prima conosciuto quel tristo, e di aver navigato con lui: racconta che egli con altri amici andò in Elide e lo rivide, l’udì parlare prima di morire, e con gli occhi propri lo vide gettarsi nel fuoco. Bisogna pur credere a chi afferma di aver veduto con gli occhi suoi, pure non bisogna credere più a nessuna persona al mondo. Può egli avere esagerato i vizi di Peregrino; può non essere del tutto vero che Peregrino fu adultero, corruttore de’ giovani, parricida, e quel sozzo e scellerato impostore che è descritto: una cosa è vera, e veduta con gli occhi propri, e della quale non c’è ragione di dubitare, che Peregrino gettossi da sè nel fuoco in Olimpia per desiderio di una famosa morte. Questo basta per rigettare il sospetto di Stefano Le Moyne, il quale crede che questo Peregrino, che si bruciò da sè in Olimpia, sia san Policarpo, che fu bruciato a Smirne, e la cui anima, dicesi, fu veduta