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128 intorno la vita e le opere di luciano.

scendere di nuovo su la terra, e specialmente in Atene. Ma Giove la conforta e l’assicura che il mondo è mutato per opera di tanti filosofi che vi sono: ed ella deve ubbidire. La poveretta non persuasa interamente, mentre scendono, dimanda a Mercurio come sono i filosofi, e se ella può stare con essi. Mercurio se n’esce pe’ generali: ce n’ha di buoni e di cattivi, i cattivi sono i più, ma pur ci sono i buoni coi quali puoi stare. Ma Pane, che vien loro incontro e che abita nella spelonca sul Partenio, donde si vede tutta Atene di sotto, le dice schiettamente che egli ode sempre grida e schiamazzi e risse di questi tali, e vede che fanno di brutte cose. Intanto Mercurio chiama per bando gli Ateniesi a venir su l’Areopago dove si giudica dei piati: e gli Ateniesi corrono a giudicare ed a piatire. La Giustizia dice: Oggi giudicheremo solamente le querele che le Arti, le Scienze e le Professioni hanno dato ad alcuni uomini: dimani giudicheremo le altre querele. Si sorteggiano le cause, ed a ciascuna, secondo la sua importanza, si destina un numero di giudici. L’Ubbriachezza accusa l’Academia di averle rubato il suo servo Polemone: ma avendo la lingua grossa, non può parlare, e Mercurio propone che l’Academia, la quale in tutte le cose suole sostenere il pro ed il contra, faccia ella stessa l’accusa e la difesa. L’Academia accusa, e difende, e vince la causa. La Stoa accusa la Voluttà di averle rapito Dionisio: difensore della Voluttà è Epicuro, che parla e vince. La Stoa vuol cavillare coi sillogismi, ma non può altro, e si appella a Giove. E finchè Giove non giudichi di questo appello, è differita la causa tra la Voluttà e la Virtù che contendono per Aristippo. Diogene che si ode accusato dal Banco, gli corre appresso, e vuol decidere egli la lite col bastone. Pirrone non si presenta, perchè dubita, e si astiene, e sarà giu-