Pagina:Opere di Luciano voltate in italiano da Luigi Settembrini - Tomo 1.djvu/121


intorno la vita e le opere di luciano. 113

Atene, e udirlo e stimarlo, e poi riderne, egli che rideva di tutti, e spesso anche di sè stesso. Se questa congettura non piace, si trovi di meglio.

LXVII. Seguono la Vendita e il Pescatore, due dialoghi strettamente uniti tra loro che dal Weise e da altri sono tenuti spurii ed inetti;1 ed io per me li credo non pure genuini, ma bellissimi, e tra i capilavori di Luciano: ed allegherò le ragioni di questo mio credere. Quando io leggo un’opera di Luciano, io dimando a me stesso primamente, se essa è consentanea o almeno accordabile al concetto comune che si ha di Luciano, cioè d’un uomo d’ingegno e di senso retto che derise i vizi e gli errori del suo tempo con un lepore ed una grazia che lo han renduto immortale: e poi dove, e quando e perchè l’opera potè essere scritta. Così cerco di trovare la ragione dello scritto nella storia, e di fare, come si suole in pittura, il campo intorno all’immagine per vederla più chiara e rilevata. Ora leggendo la Vendita ed il Pescatore non si può dubitare affatto che essi furono scritti in Atene: la quale citta era un formicaio di filosofanti che parlavano e disputavano in ogni tempo, in ogni luogo, e di ogni cosa. Quattro scuole secondo le sètte principali degli stoici, degli epicurei,

  1. Ecco le parole di Weise. «Ceterum utut lepidus videatur dialogus, tamen et in materia et forma multum inepti deprehenditur. Quis enim sensus inest huic auctioni, cut quomodo philosophos vendere potest lupiter tam multo ante mortuos? Deinde modo ipsi principes sectarum producuntur, modo aliquis ex asseclis eorum. Ex emptoribus autem sohis Dion nominatur. Denique meliori sensu auctio institueretur, si libri forte philosophorum proponerentur, non auctores ipsi (Papæ, Weise, qui bibliopolam maluisses Iovem!). At si, ut in Piscatore asseritur, scriptor non auctores sectarum, sed asseclas eorum malos et ineptos vendere voluisset, non præceptorum dogmata, sed discipulorum vitia commemorari debebant. Quod tamen nuspiani fit. Ergo spurium et ineptum totum scriptum, cuius summa fortasse ex Nigrino oriunda.» Mi dispiace che nessuna delle ragioni di questo valente uomo sa persuadermi.