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108 intorno la vita e le opere di luciano.

via come chi ha il fuoco in mano e lo butta: se vi torno, farà lo stesso. Oh Timone non farà più cosi, risponde Giove: la povertà lo ha corretto: or va’, che lo troverai più savio; e se tornerà alla prodigalità passata, tornerà povero subitamente. Va Pluto, che quantunque cieco e zoppo, ora non va a caso, perchè guidato dal veggente Mercurio, e va da Timone che da Giove è giudicato degno di arricchire, quantunque gli abbia detta quella gran villania. Giove, supremo senno, sa che quella villania non fu detta col cuore, e che Timone dentro è un uomo dabbene. Questo è il significato del ragionamento che fanno Mercurio e Pluto andando per via. Giungono a Timone che zappa, e vicino gli sta la Povertà con la Fatica, la Robustezza, il Senno. Mercurio comanda alla Povertà di andar via, ed ella malvolentieri vassene con la sua schiera. Si avvicinano a Timone, che da prima vuole cacciarli a sassate: ma a poco a poco con le buone parole gli fanno capire che la colpa è stata sua, a dare la roba a cani e porci, profondendola agli adulatori ed alle cortigiane; ubbidisca a Giove, che lo rivuole ricco. Si persuade e ubbidisce. Pluto comanda al Tesoro nascosto sotterra di lasciarsi pigliare, e se ne vanno. Timone con la zappa cava, e rinviene un tesoro maggiore di quelli di Mida, di Creso, del tempio di Delfo, del re di Persia. Consacra la zappa e il pelliccione a Pane, si compera il podere dove ei lavora, e vi costruisce una torre dove vuole abitare solo e lontano dagli uomini, ed esservi sepolto. Rifatto ricco, rinunzia all’umano consorzio, rompe ogni patto con gli uomini, si propone di fare tutto il male che ei può, ed essere il nemico del genere umano. Se vedo uno che è caduto nel fuoco, e mi prega di aiutarlo, io gli getterò olio addosso; uno che è nell’acqua, e mi prega di porgergli una mano, io ve l’attufferò e lo terrò sotto. Vorrebbe che tutti sapes-