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intorno la vita e le opere di luciano. 95

sdegno, non dimentica mai l’arto, e parla con quella gentilezza che l’arte ha renduta abituale in lui: il che non si vede nei due scritti intitolati: Contro un ricco ignorante che comperava molti libri,1 ed il Conto senza l’oste, ocontro Timarco; i quali non hanno nè arte nè gentilezza, non sono satire ma invettive furiose e verbose, nelle quali non si scorge nulla che possa farne credere Luciano autore, ma sì qualche arrabbiato scrittore, non egli sempre ridente e piacente.

LIII. Passiamo ora alle opere satiriche che hanno forma di dialogo.

Bellissimo il Lessifane, mette in canzone uno di quei saccentuzzi che vanno spigolando le parole più antiquate e storpiate, ne compongono le più sperticate, raccolgono dal popolazzo i modi più fangosi, e per parere gentili riescono goffi. Luciano non si sdegna allatto, ma si piglia spasso di questi scrivacchiatori, e ce ne presenta uno, il quale gli legge un suo dialogo, in cui crede di sgarare il convito di Platone, o come ei dice, anticonvitggia al figliuol d’Aristone, piacevolissima caricatura che non può mai esser tradotta bene. Egli ha la pazienza di ascoltare per alquanto tempo, ed ode le più nuove sciocchezze del mondo nelle più sformate parole: gli viene pietà del poveruomo, lo crede pazzo, e chiama un medico per curarlo. Gli danno un farmaco, e quei vomita tutto quel parolame guasto che si aveva ingollalo. Purgatolo di quella roba e di quella pazzia, Luciano gli dà pochi e savi avvertimenti come si ha a parlare con garbo per farsi intendere e piacere. Così, dopo la dipintura del brutto, viene un raggio di bello,

  1. Il gentile Gozzi traducendo questo scritto, lo ha nettato da ogni lordura; e fattolo bello. Così ancora nettò gli Amori di Dafne e Cloe, tanto insozzati dal Caro, e potè offerirli in dono a una donzella, che andava a marito. L’infedeltà di traduttore è un merito quando è congiunta con tanta gentilezza e onestà.