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ha ancora la mosca. Onde non vi determinate a un luogo più che a un altro, ma vi lasciate guidare al caso.
Serpe.
Confusa l'arei io tornando uomo, chè sempre sarebbe piena d'umori e di ghiribizzi; dove a questo modo io mi vivo contento e senza pensiero alcuno. E manco arei ancor memoria a voler tornare in uno stato pieno di tanti affanni e di tante miserie. Sicché non ti affaticar più, Ulisse, che io non voglio questa tua grazia, che la mi sottometterebbe a mille infermità, e non mi potrei mai cavare una voglia sicuramente. Anzi, per ogni minimo disordine, sentirei mille duoli. E, quel che è peggio, mi arei da guardare di morire, essendo sottoposto alle storpiarmi, e viver sempre dipoi contraffatto e infermo: sì che, va al tuo viaggio, che io me ne voglio andare a grattarmi un poco la scaglia a quel ginepro, per poterla più facilmente muovere; dove io sentirò ancora tanto piacere e diletto, che io non ne provai forse mai un simile essendo uomo. Perché e' sarà senza rispetto e dispiacere alcuno; deve i vostri son sempre mescolati con tanto amore (il che vi dispiace tanto più che non vi piace quel che vi diletta}, che molti di voi hanno detto, parlando di quegli: Mille piacer non vagliono un tormento.
Ulisse.
In fine, io ho a far con bestie; e se ben Circe rende loro il poter favellare e rispondermi, secondo che pare a me, ella non rende loro il cervello perchè considerano solamente certe cose minime, e non quel che importa. Ma io non vo' però ancora tormi da sì bella impresa, ma voglio ritornare a Circe, che mi faccia parlare a gli altri che ci sono, per far bene a quegli che ne sono capaci; perchè, come dice il proverbio, e' si può ben far male a uno per forza, ma bene non mai.

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