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dino, per non avere a lavorar la terra, la quale non essendo cultivata e seminata da l'uomo, non gli produce il cibo spontaneamente, come ella fa a gli altri animali.
Serpe.
Ed io, che mentre ch'io vissi fui medico, ten'assegnerò un'altra, la quale vi è cagione di molto maggior miseria che non son quelle; e non vi si può riparare, come si può a quelle con l'arte de la agricoltura e con quella de l'architettura, ne le quali l'uomo è tanto eccellente.
Ulisse.
E quale è questa? dimmelo un poco.
Serpe.
La debolezza de la complessione che vi ha dato la natura, per la quale voi siete sottoposti a tante sorti di infermità, che non si può dire che voi siate mai sani perfettamente come noi. Ed oltre a questo, non siete mai tanto gagliardi, che per ogni piccol disordine che voi facciate, voi non debbiate temere d'ammalare.
Ulisse.
Questo, come io dissi dianzi a coloro, l'ha fatto la natura, perchè noi possiamo far meglio le operazioni nostre; il che non aremmo potuto far sì facilmente, se ella ci avesse composti di materia e d'umori e sangui grossi e gagliardi, come ella ha fatto voi.
Serpe.
Anzi l'ha fatto per farvi i più infermi ed i più deboli animali che si truovino al mondo.
Ulisse.
E quando questo che tu di' fusse pur il vero, non possiamo noi guardarci da quel che ci offende con quella prudenza che ella ci ha dato?
Serpe.
In qualche parte sì; ma egli è tanto difficile, che tu vedi quanti pochi lo fanno. Ma vuoi tu vedere se ella l'ha fallo solamente per essere vostra nimica? chè ella vi ha aggiunto uno appetito del cibarvi con tanta insasiabilità, ed una voglia tanto immoderata, che voi non restate di cercare continuamente nuovi cibi, e, trovatigli che vi piaccino, non potete dipoi temperarvi, o difficilissimamente, a mangiare solo il bisogno vostro: donde nascono in voi dipoi tante e tante così varie e gravi malattie.
Ulisse.
E quali son questi cibi che noi usiamo, che non sieno stati fatti da la natura per il mantenimento e per la conservazion nostra.
Serpe.
Come, quali? Sono infiniti, e particolarmente