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6 avvertimento.

dimostrò in modo evidentissimo la verità del criterio del Manetti; verità, la quale poi, appunto perchè tale, si fece via da se stessa, ed è tuttora ricevuta per definitiva nella concreta materia.

Di questa letteraria fatica di Galileo, rimasta sconosciuta allo stesso Viviani, era a noi pervenuto il solo ricordo fattone da Filippo Valori figliuolo di Baccio, stato due volte consolo dell’Accademia Fiorentina, nel libro intitolato: De’ termini di mezzo rilievo ec., stampato in Firenze nel 1604, ove, a car. 12, parlando d’alcuni eccellenti matematici fiorentini, che lessero con molta lode nelle pubbliche università, e lasciarono opere d’ingegno, così dice: Con la medesima reputazione Galileo Galilei, ancor egli de’nostri, legge ora in Padova, come assai giovane cominciò a farsi conoscere in Pisa buon lettore, e in Firenze nell’Accademia Grande tolse a difendere Antonio Manetti, ne’suoi tempi tenuto valentuomo nella dotta professione, sopra il sito e misura dell’Inferno di Dante; materia che ha dato che fare ai dotti; fra’quali il Vellutello sopra il medesimo Poeta, per correggere il Manetti, diede occasione al Galileo di salvare con buone ragioni il nostro Fiorentino, e ribattere i motivi del nobil Lucchese col disegno in mano e distinzione d’ogni debita misura.

Questa testimonianza del Valori ci mette in via di determinare ad un bel circa il tempo in cui furono scritte le due Lezioni; avvegnachè prima di tutto, rimanga per essa provato che ciò fu innanzi che Galileo si trasferisse alla lettura di Padova, cioè innanzi la fine del 1592; e dal sapersi, come più oltre esporremo, esser questo manoscritto provenuto dalla biblioteca Valori, non siamo alieni dal credere col signor Gigli che quest’accademica esercitazione del nostro filosofo avesse luogo nel secondo consolato di Baccio (anno accademico 1587-1588), che fu specialmente consacrato alla difesa ed alla illustrazione di Dante, e che per ciò stesso il manoscritto galileiano si rimanesse nelle mani del console, onde dal figliuolo di lui ne fosse