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Parte prima, libro III | 131 |
Dentro la terra il piè, le braccia a’ venti,
Al minaccioso cielo erta la testa.
Tra il selvaggio ulular della tempesta
Aspettai le tue dolci ale tepenti.
Or che nulla desio, che nulla aspetto
Dal zefiro, dal Sol, dalle rugiade;
Che sul mio secco tronco maledetto
di vita d’amor gemma non cade;
Or che un cieco poter sì m’ha distrutto,
Perchè salda alla terra ho la radice?
Perchè, se più non devo esser felice,
Pietoso Iddio, non mi distruggi tutto?
Così il lamento delle cose in core
Del dolente Idumeo si ripercote,
Che dell’immenso, universal dolore
Le voci ascolta a lui finora ignote.
S’apre il sen della notte al primo albore,
Ma speme alcuna il petto suo non scote;
Alto su le macerie il Sol risplende,
Ma cupa nel suo cor l’ombra si stende.