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di lusso (n. 67. Labor improbus omnia vincit). Così, benchè sia contrario all'òrdine composito, il n. 289 (Buonini) assicura di aver preso a modello l'Arco di Tito e la Colonna Trajana, e il bello si è che non ha imitato nè l'uno nè l'altra; così il n. 259 (Alleanza) che fu premiato con 20,000 lire (bene spese davvero!) raddoppia il Palazzo di Venezia per farne una specie di tetro cassone intorno ad un cadàvere di monumento, ecc. ecc.

Tutti questi, però — mediocrissimi — nonchè altrettali, quantunque àbbiano scivolato nella stoltezza, non prèsentano segni abbastanza certi per poter dire che vi stanno di casa.

[8] Sarebbe interessantissimo di poter anche dare una descrizione psichica di questo battaglione di mattòidi, ma a far ciò occorrerebbe anzitutto di conòscerli personalmente. Quanto alle loro fisionomìe, si può essere certi che nulla li distingue dall'uomo medio. La signora Tarnowsky, dottrice di grido che voltò in lingua russa il «Genio e follìa» di Cèsare Lombroso, opinerebbe che i mattòidi debbono avere una faccia diversa delle sòlite: gli studi, però, fatti dallo stesso Lombroso e da altri, pròvano invece che le fisionomìe pazzesche s'incòntrano più per eccezione che per regola, il che si comprende per due ragioni: la prima, perchè i mattòidi non sono mai pazzi negli atti e sono tutti compresi della propria importanza, la qual cosa, se mai influisce sulle loro fisionomìe, dà loro un'aria grave, serena, come di chi è pieno e persuaso di sè; l'altra, che, nella più parte, non sono tali per eredità, per malattie cerebrali ecc. ma solo perchè sulla piazza del mondo, con una forza come di 3 vògliono figurare per 300, quindi deviano dal sentiero battuto ed anche dal giusto, non avendo, in ogni caso, di morboso che una vanità sconfinata, unita ad un ìnfimo ingegno.

[9] Notiamo con soddisfazione come questo concetto ragionevolissimo di quanto il monumento sarebbe tenuto ad esprìmere, dòmini nella quasi totalità dei bozzetti presentati al concorso. Alla grandissima parte dei concorrenti la formazione dell'Italia parve òpera, non di un uomo solo, ma di una schiera d'incliti patrioti, appartenenti a tutte le classi ed a più generazioni. Tre o quattro progettisti soltanto non videro che l'isolata personalità di Vittorio; come, ad esempio, il n. 207 (Raffaele d'Alpino) che, erigendo graficamente una brutta torre sul Monte Pincio con un colossale stemma nel mezzo sullo stile di quello de' tabaccài, la intitola Torre Sabàuda, e scrive: ai precursori, ai collaboratori di Vittorio Emanuele le colonne, gli stilòbati, le statue equestri; ma il monumento a lui solo!

[10] Questa idèa di ricordare l'unità italiana con qualche segno materiale è comunissima nei concorrenti. I più si vàlgono della colonna, fregiata degli stemmi delle provincie