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[1] È notèvole infatti come la più parte de' concorrenti abbia saccheggiato senza pietà i monumenti più cèlebri del mondo, traducèndone, deturpate, ne' suòi bozzetti le idèe e le forme. Incontriamo quindi ad ogni passo la Mole Adriana e il sepolcro di Cecilia Metella ridotti a stufa, il Pàntheon schiacciato a panettone, il tempio tiburtino della Sibilla con su una calotta cattòlica, ed archi di Tito, di Costantino, e dell'Étoile, e colonne trajane ed antonine senza nùmero. Nè manca il Pandrosio nè il tempio di Arminio nella Selva Nera nè il monumento di Pietro il Grande a Pietroburgo. Alcuni poi, che, dall'accoppiare due furti, crèdono forse di non passare per ladri, han sovrapposto all'arco di Settimio Severo la colonna Trajana, che viene quindi col pieno della sua mole a poggiare sul vuoto della porta di mezzo, con quale spàsimo del buon senso è fàcile di capire (V. bozz. n. 51, Iddio lo volle e la stella d'Italia si fermò su Roma, — n. 218. L'Aurora, — n. 271 Estremo Oriente e n. 28 Rega Gherardo); oppure, capovolgendo quel pensiero rettòrico assài ma non illògico dal punto di vista della allegorìa, della statuaria antica, che pone in mano alle immàgini dei suòi gloriosi guerrieri la figuretta della Vittoria, fanno Vittorie di bronzo che règgono in palma statue del defunto sovrano grandi e grosse appressapoco come la sostenitrice. (V. ad. es. il bozz. n. 29 Vincenzo Falcioni).
Notèvole è pure come talune pensate — nuove se vuolsi, ma che non sèmbrano le più sensate — sieno, se non furate da concorrente a concorrente, sorte contemporaneamente in diversi cervelli. Di archi trionfali sorreggenti colonne, ne abbiamo, salvo errore, contati quattro: così, l'idèa di adoprare il mappamondo a foggia di cùpola con tracciata nel mezzo la penisola itàlica e nella penìsola Roma e sovra Roma, a guisa di perno, l'effige del Re, la troviamo nei bozzetti 153 (Giordano Edoardo) 218 (L'Italia è pace e civiltà) 219 (Vis unita fortior 1º) e 254 (Tutto è poco per tanta memoria); così, i gironi del purgatorio dantesco si riscòntrano in Amèndola (n. 130) e in Ximènes-Gallori (n. 209) due bozzetti però che appartèngono all'arte; mentre la piràmide a scalinate colle statuette che vi si arràmpicano — imitazione, pare, di un grosso pangiallo