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Anche il n. 88 predilige gli edifici sèmplici e sodi e prende esempio dalle rudi ma pur maestose costruzioni dei prischi quiriti che sfìdano la eternità. L'autore, convinto, perciò, di avere trovata la vera ed appropriata ìndole del monumento che deve concretinizzare la gloriosa apoteosi del risorgimento italiano, propone di estòllere in cima dei sette colli una gran cassa quadrata di pietre, senza cornici nè altri risalti, una specie di bigattiera o di gabbia per uccelli di sasso, ch'egli chiama torre retto-quadrangolare, destinata a trasportarvi e collocarvi le preziose spoglie del Re al sicuro dai voraci flutti tiberini. Tutto, in questa mole, è quadrato e cùbico; ciò nonostante, l'autore confida che le statue e i busti innùmeri in marmo bianco e i dòdici candelabri per l'illuminazione e i blasoni delle città d'Italia col rispettivi colori e le iscrizioni in bronzo dorato, romperanno la moltèplice uniformità delle continue rette, facendo risaltare il fondo roseo della nuova Tarpèa granìtica e rilevare la voluta mesta impressione monumentale.

Diamo quì sotto il profilo del robusto edificio:

[Illustrazione: Le rudi ma pur maestose costruzioni dei prischi quiriti insegnano che le opere semplici e sode sfidano l'eternità.]

Un'altra mole faragginosa è messa innanzi dal n. 82 (Una idèa 1ª'), il quale però ci avverte che la sua idèa e forse troppa americana per questa parte di mondo ma storicamente lògica. E domanda: chi ha fatto l'Italia? Il progresso: di progresso deve dunque la nuova Italia farsi banditrice al mondo. L'autore si limiterebbe a pigliare, per base del suo monumento, Castel Sant'Angelo, e nel monumento, da chiamarsi Gloriaedum, porrebbe le effigi degli uòmini illustri di qualunque età e paese. Tra essi, la statua di Cristo, colle spalle vôlte al Vaticano. A giustificare poi la statua equestre del Re sul cùlmine della ex mole Adriana, l'autore, per mostrarsi anche in ciò ragionèvole, propone di usufruire l'antica interna salita a spirale, rendèndola non solo accessìbile ai cavalli,