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interludio xv

ogni forma d’idealismo anche sentimentale, di platonismo umano e sociale. L’uomo che ha scritto queste pagine così sottili da meritare di venir stampate, come lo furono la prima volta, su carta di seta, che le ha scritte perchè le ha veramente vissute — se non precisamente nei fatti, nelle sensazioni — è stato, è, un uomo completo; un uomo quindi da poter prendersi in parola anche quando aleggia negli spazi eterei della poesia sensuale, perchè non mai immemore di quella terra sulla quale egli ha saputo, alla sua volta, camminare ed agire. Sicchè può essere piacevole, non solo seguirlo alla lettura, ma sentirlo vivere di questa vita superlativa, contesa alla generalità anche di quegli uomini che sieno, in lui e per lui, capaci di comprenderla.

Bensì, è stato un uomo, uno scrittore — son sempre nel Dossi tutt’una cosa — che ha sempre amato di rifarsi fanciullo; come or qui, in questi Giorni di festa, scritti più tardi con quell’animo istesso da cui era uscito L’Altrieri. E questa è la controprova della vera bontà, della vera grandezza morale. Tanto è ciò vero, che, come nella vita di Alberto Pisani ebbero certe piccole perfidie carattere infantile, quest’attitudine psicologica esce, a ben leggere tra le righe dello scrittore, anche da certe pagine di quel libro della malvagità, che vèrrà dopo questo e a contrapposto di questo: malvagità a fior di pelle, a trasformar la quale in una visione umana tutta dolcezza sarebbe bastato, in quei giorni d’umor nero in cui la penna gocciava, non inchiostro, ma fiele, un sorriso di donna giunto a seconda del desiderio — donna audace magari, quant’egli era timido — o la geniale compagnia di qualche amico sano anche per lui, o — valevole per tutto e per tutti — una visita, giunta a proposito, di