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44 | l’altrieri |
guardava il mezzo della corsìa Ira i due órdini di panche e che portava il busto in gesso, verniciato di verde, spolverizzalo d’oro, dello stesso Proverbio — una perfetta insegna da macellaro!
Ed appancate, (piante differenti testine! Là, una riccia siccome i trùciuoli del legnaiuolo e castagnina chiara; quà, una arruffata, dal capello aspro e castagnina oscura; presso, una bionda, a ciambelline, vera matassa di seta; poi, una nera, ingommata, lustra al par di uno stivale (se lustro) in sèguito, tre cimate, una rossigna.... E quanti diversi nasucci!... arricciati, a peperone, aguzzi, i più.... incipienti.... E quanti vispi occhiettini! grandicelesti, piccolineri, grigi che ammiccano, verdognoli; qui, a lunghe ciglia, bassi come que’ di una mònaca; lì, strabuzzanti, da coccoveggia: o tondi come due-centèsimi, o a sfenditura da caldarroste.
Il pettinatore morale di lutti questi ciuffetti — un fuseràgnolo alquanto scorretto di gambe, bircio, senza un pelo al labbro quantunque se lo carezzasse soventi e con un cinque o sei dozzine al più di capelli, tuttochè studiasse che la penna d’oca (in verità poggiata su di una molto visibile orecchia parèssegli ficcala nella capigliatura — si avanzò allora verso di noi.
— Signor cavaliere! — diss’egli chinàndosi a Proverbio.
Stava forse dettando? — dimandò costùi vedèndogli in mano un foglio.
— Appunto, signore.... La lèttera pel capo d’anno.... ai parenti. La sua. Ne siamo, anzi, alla fine.
— E la finisca dunque — fece il direttore. E a sè tirò il seggiolone del maestro, vi si acconciò, poi, mi offerse un ginocchio.