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42 l’altrieri

Ah! i por.... — gridò Proverbio arrossendo e spinse, incatenacciò l’usciolo) — sempre così, i domèstici! — aggiunse verso di noi.

Sottosopra, peraltro, i mièi rimàsero soddisfattissimi. Come poi indirizzàvansi alla carrozza, si affrettàrono di lasciare al direttore i loro complimenti sinceri, cui egli rispose accollando a babbo un pacco di descrizioni del suo spettàbile collegio (ivi litografato sotto un certo punto di vista da somigliare una reggia) ed io — in questa — promettèndomi essi, fra i baci e le làgrime, di venirmi presto a vedere, li avvertìi, di non farlo, se non con molti giuochi e chicche.... Fu il mio ùltimo addìo! O cattivissimo Guido!

Ma allorché la verdechiaro berlina si mosse e le cricchiò sotto la ghiaja ed essa svoltò e poi scomparve dietro al murello di cinta, io mi sentii improvvisamente solo; ciò che prima mi era sembrato sì lucicante — le gronde di latta, le vetriere, l’aurea catena di Proverbio appannò; io mi trovai in un abbandono, in un malèssere tali, che stetti a un filo di córrere appresso a chi mi rubava il mio raggio di sole.

III


Senonchè, il direttore imponèndomi la sua pesante mano càrica di anelli, si era pigliata possessione di mè.

— N’è vero? — domandò egli nel rimorchiarmi in casa — noi, siamo già amiconi.... Vostro padre mi dice che voi imparaste poco più di niente... Ebbene, risponderemo, tanto meglio! Ad una torre di pòrfido, da costruirsi, non