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34 | l’altrieri |
sciocchissimo. Stringèvami una tale ripugnanza per tutto ciò che usciva dalle botteghe del librajo e del cartolajo, una tanta paura che, al muòversi di qualche pàgina, allo strìdere di una penna, davo una giravolta e via. Così, se qualche pagliùcola di sapere spuntàvami ciònondimeno nel ciuffo, lo era a mia insaputa: i mièi parenti ve l’avèano posta con ogni sorta di precauzioni, con ogni fatta di astuzie. Guài me ne fossi accorto! guài. E ne scoperchio un esèmpio.
Ritorno a‘ miei cinqu’anni: siedo, in una sala priva di luce, sulle ginocchia di mamma. Di faccia a noi, stacca nella oscurità un quadro di carta velina, luminoso, dietro del quale, babbo è nascosto. Molte e molte ombre vi pàssano.... ed uno zoppo che leva e si mette il cappello.... e un cagnolino che muove la coda e un soldato che brandisce la spada.... e una contadina che fà il butirro e buòi che dicon di sì e....
Ma, ecco un triàngolo — una livella quasi da muratore....
Io ne raccapriccio, ne ho lo stesso bizzarro spavento che coglie, ora, il mio cuginetto Poldo dinanzi a un piatto di gelatina o a un biancomangiare che bùbboli.
— Non volio d’A — grido. E L’A scompare. E sfilano, ancora, brave persone Una donnetta con parapioggia, un ragazzino che corre, due àsini (babbo qui ragghia).... un pulcinella.... poi.... Tò! Un altro intruso. La è una pìccola serpe; par la stanghetta del barbazzale, il gancio della catena del fuoco.
— Niente M, — strillo aggricciando.
IL biscio non muòvesi.
— Niente O.... niente H, — sèguito a strappabecco.
Ma nulla di nuovo.... nulla! e perchè? Sèn-