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22 | l’altrieri |
drone o strascicarsi dietro la sèrica vesta della signora.
Sì! lo ripeto, quelli èrano pure i bei tempi. Ma, Dio! Mentre là — dove il ruscello scendeva più lentamente sulla finissima erba, sotto il rezzo de’ pioppi, clic frascheggiando si salutà vano di continuo — noi ascoltavamo il trottolare di Nencia intorno o al vecchio incantatore Merlino o allo stregazzo di Benevento, una volta, Lisa, io la scòrsi raccapricciare tutta come allo sgrigiolìo di un ferro e volgersi, pàllida, con sospetto.
Proprio io non saprèi dirvi il punto in cui primieramente ciò avvenne, ma so che d’allora in poi pàrvemi l’aria appesantirsi come una mola mugnaja, pàrvemi che un nemico invisìbile ci seguisse dovunque, intristendo, avvizzendo la mia delicata Già e so che quando questa creaturina gricciolava, io le chiedeva: che hai? — a bassa voce, a bassa voce. Allora essa, serrandomi con passione la mano: m’iian stranamente chiamata — rispondeva. Ed io rimuginava con lo sguardo attorno: dallo stesso non incontrare mai niente, io, il rischioso fanciullo, soffocavo dalla paura.
E passane, passane — un dì — la mia tórtora, stringendosi più del consueto a mò, susurrò tremante di aver/o veduto. Era, per detto di lei, un viso ovale, smorto, colle occhiaje lìvide, che le appariva nel folto della fratta, la guaiava immòbile.... dileguava. Dio! Clic terrìbile dormiveglia io ne ebbi, la notte. Quantunque mi sentissi ancora nella mia càmera, nel mio letto, quantunque al chiaro di luna distinguessi uno per uno gli arredi, nondimeno e’ mi pareva anche di starmi in una praterìa di sprofondata lunghezza, tutta a fiori, che mi rendeva aria di un’insalata d’indivia sparsa di nasturci e begliò-