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14 | l’altrieri |
— Marchese — diceva il babbo ai nuovo arrivato — questo è il giardino. Spazioso, ha molta ombra, e quanto più preme, è sicuro.... La vostra cara figliuola col mio demonietto.... — 10 salii verso loro.
— Ah! eccolo appunto, — esclamò mio padre.
— La nostra speranza! — aggiunse nell’indicare al nòbil signore, mè, suo impacciucato erede.
Il marchese mi fe’ un complimento. Qui noi ripeto, ma esso sta ancora, ci scommetterei, in cuore a babbo. Poi: — Giuocherài, n’è vero? — domandò egli con la mia Già, 0....0.... — e dovette interrómpersi, non conoscendo il nome del vostro amico scrittore.
— Mi chiamo Guido — gli dissi — Guido è un gran bel nome — aggiunsi con forte convinzione.
— Certo — sorrise egli.
— Ed io vorrò molto bene alla tua bimba — continuai. — Mi piace tanto, ve’!
— Allora — disse il marchese volgendosi alla bambina che si serrava timidamente a’ suoi panni — giacché il nostro Guido è così gentile, gli offriremo una mela, eh? — Lisa ne cavò due dalle sue taschine e me le porse.
— Tie’ — disse.
— Grazie — risposi. E, senza esitare, le aggraffai ambe, ne insaccocciài una, addentai l’altra.
— Sei pur buona, Già. Dammi un bacio.— La bimba aguzzò le labbra. Inutilmente.
— Ah!... già — riflettèi, orgogliosetto della mia statura — sono troppo alto, io — per cui, di botto, chinàtomi, le stampài sulle gote un par di baci sonori — Uno, due.... — Poi?., poi, pigliatole la mano, la trassi a corsa con me.
Stendèvansi, ove noi correvamo, le mie posse s-