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La casetta di Gigio 337 parlo de* suoi fanloccini. Ieri, per dìrlene una, gli scopersi nel lelto, indovina ? la gamba di uno sgabelluccio. Voleva, che so io ! voleva gli sostenesse la volta.... Qual volta? — Andiamo.... dunque ! — fé* il mimmo, raspando con un piedino sull intavolato. — Gua’ che ti rompi le scarpe, bimbo ! — osservò premurosa la mamma. — Già, tu farài sempre a tuo senno. — Dà la buona notte al cugino (e prendèndoselo al collo ed aizàndosi) : Oh ! la casetta di Gigio ! — quindi, usci. Udii al di là della porta, fresche risa e ba- ciozzi. La sua casetta !... il lettuccio !... mi si gon- fiàrono gli occhi. Sovènneini di un’altra mammina, un’amorosa mammina che slava cucendo sotto il chiarore di una lucerna una camiciuola, per suo toselto, sovenuemi di questo tosetto, biondo e ricciuto, che, serrandosele intorno, su- surrava lui pure : conducimi in nanna. E adesso?... Più nulla. Proprio? Ah! no. La mia casetta l’ho ancora. Quando, stanco dalla giornaliera lotta contro la poltronàggine, avvilito dalle pìccole cattiverie in cui scappuccio ogni tratto, dalle ridìcole tran- sazioncelle fra il mio dentro e il mio fuori e, più, avvilito dal sentirmi, come tutti gli altri, un burattino in balìa di mano ignota, mi nicchio, mi faccio il covo in mezzo alle coltri e a poco a poco, nella ebbrezza lieve che precede il sonno, diméntico questo mio corpaccio — godo.... panni godere, infine ! la libertà. Se Gigio reca in lettino un subisso di roba, io pure. Tutte quelle impressioni, quéi sentimenti, che per la via degli occhi e delle orecchie, aiTollàrono nel mio capo, sgarbùgliansi, mi si sciorinano. Un cioccolatino, a Gigio, tocca Dossi. 22