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332 GOCCIE D’INCHIOSTRO conio diceva trecento cinquanta. Altro non mi restava che di pagarlo. E lo pagai di gran fretta per evitare il pericolo che mi crescesse anche in saccoccia. Istinto. Giorgio entra di corsa nella sua càmera,... In mezzo alla tàvola posa un cerio negozio sul gusto di uno scatolone, rivestilo di caria grigiastra da bachi c stretto da spago. Giorgio ristà, gli brillano gli occhiucci, il cuore gli là — spiccatamente — toch-toch. È il regalo di zio ! Infine ! Giorgio avèa cessato dal sospirarlo. È il regalo di questo curioso di zio che gli mantiene i bei fantoccini e lo [a rìdere tanto, producèndoli fuori dalle sue lasche, adagio adagio, con una storicità a rinforzo. E che sarà, e’ ? Il piccino arràmpica sur una scranna, siede sopra la tàvola, una gamba di quà, una di là dell'involto — poi tira uno de capi del nodo. E la cordella si allarga ; con essalei, anche la carta grigiastra. Ecco uno scatolone — Giorgio vi mette su le manine : con la sinistra se lo punta con In), con l’altra si sforza a strappargli il coperchio... N crini! Sbuffando, volge lo scalolone. E ritenta. Bah ! di nuovo fallisce.... Allora, su ! alle pìccole scosse, ai colpettini, uno di qui, uno di lì.... dalle dalle.... aàh ! ci riesce. Il coperchio si stacca, cade. Si leva un odore di vernice e di trucioli, l’odore delle botteghe de’ baloccài. ' E Giorgio, con pressa, spazza via lo si mio dei frastagli di carta. Oh ! dà in un grido di gioia. — Un pino ! — la egli, estraendo un coso dal