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328 GOCCIE D’INCHIOSTRO ancora svezzati, parmi ciò nondimeno ch’io /ossa, in questo ùnico caso, contare un pochetto, se non sulla fantasìa loro, almeno sulla memoria. E però, pregandoli di èssermi tacitamente collaboratori, tirerò via dritto saltando a ritrovare la nostra bionda inglesina, quando, solilisa di un pudico rossore e, diciamolo pure, col cuore più sollevato (o cuore, comodissimo nome) sta per riporre la mano sul catenaccio dell’uscio. Ma, alla maniglia, un sobbalzo. Miss Ada si arrestò ^sussultando. Era un nuovo avventore. Il (piale trovando chiuso, e avendo invano bussato, parve si allontanasse. E lei ripose con titubanza la mano sul catenaccio. Ma l’avventore ritorna e si dà a passeggiare su e giù pel ripiano. Miss Ada si ferma di nuovo e si mette in ascolto. Il passo continua. Che fare? uscire? spoetizzarsi ?... Ma e in faccia di chi ? La poesìa è alle fanciulle come la polve dorala alle farfalle.... guài se la tocchi !... E perduta la poesìa, che le restava da pèrdere ?... Era il sì e il no, passarono alcuni minuti, minuti che a tutti c due sembrarono un’ora — e lo credo. — Sapristì! — esclamò spazientito, collii che aspettava. — Gran Dio ! la voce del prìncipe russo — di queirelcgantìssimo gióvane, che accompagnàvala al piano e cantava con lei i più appassionati duetti ed imparava l’inglese dalle sue rosee labbruzze sul Moorc.... pòvero Moorc ! Or che fare ? che fare ? Ragazze mie : mettetevi ne’ panni suoi. Parlo, sempre, s’intende, alle mie sòlite magroline. Ogni speranza, vana.