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314 GOCCI E D’INCHIOSTRO chioni dì barattar, loro il soffio con un cin- quelire.... Oli ! èsseri incontentabili, mi non vi basta il vostro purissimo aere? — Naturalmente, il bimbo punto rispose, lì^h dello squarcio di Alberto, non era giunto ad acchiappare una sillaba. Cbè se, al contrario l'orecchio e il comprendonio di lui fòsser riusciti a cògliere la ùltima interroga?ione soltanto — parola d onore ! — egli avrebbe tosto e chiaro proferito un bel : 110. Ma il conte non gli menò buono tampoco il silenzio. — Aifedidio ! — gridò scattando in piedi coj- l7ira e coll'impazienza che gli guadagnava no la mano. — Sempre con quel riso d idiota !... Hai capito eli non seccarmi ? Giù le mani.... Hai capito di andartene? di spazzar via.... e sùbito ... colia tua ghiaia e le tue pulci*?... Sapl\... — Il ragazzino arretrò. I)i soverchio a btijo ni et - tèvasi il tempo sulla faccia di Alberto per serbare, sfidandolo, leggera speranza. Di più \1 bambino venne una idèa vaga di avere fatto un grosso marrone, se ne allarmò tutto e, preso dalla paura, corse, con un piccolo grido, a rifugiarsi dietro il ceppo di abete, sul quale sedeva la contessa, Alberto, come già toccai, voleva quasi mangiar cogli occhi il fanciullo. Vedendoselo quindi fuggire, istintivamente il suo sguardo lo seguitò ; didlo sguardo obbligati, i tacchi fecero una mezza giravolta e — naturale ! — essendosi in quel mentre il bambino nascosto dietro il rusticano sedile di Emma, Alberlo si trovò con quesl ullima faccia, a faccia. Valicato era d monte. Essi. Dio sia benedetto ! fisàvansi. Oh aveste allora veduta la giovine donna * In avanti piegata, poggiando le mani al ceppo di abete, sul viso di lei, bianco come un panno