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Valichi di montagna 309 so di lei e.... Ma no ! Pòvera Emma ! Alberlo, diggià pentito, lasciò cadere il braccio, fè qualche passo, avviciuossi alle nari il mazzetto, ne aspirò lentamente tutto il profumo, tutta la freschezza, irresoluto lo girò Tra le di la j>el gambo, fissollo con malinconia, poi, di sùbito, sprez- zalamenle, lo gillò lontano da se, fuor dalla strada. Mazzolino infelice ! Passato a volo tra i fusti degli àlberi, raso il declive pratello e’ si ficcò nel prunajo — corona del precipizio e restò. 11 dolore, l’angoscia fu lale allora nella giovine donna, che gli occhi le imbambolàrono o le gocciàron le làgrime ; lanla la commozione che, sentendosi venir meno, si lasciò, smarrita, cadere sur uno di que’ grossi tronchi di pino che di disianza in distanza giacevano lungo la via. E il conte, vid’egli ? — Certo, se volessi affermare, non giurerei (che Alberto aveva sempre tenuto il volto verso la opposta parte) ma è pura istoria che, alla fermata della contessa, egli del pari, sostò, rimase qualche momento in tentenna: (piindi risòllosi, bellamente sie- (lclle anch’egli sul ciglione della strada, volgendo le spalle alla moglie, una gamba pendente giù dal muro di sostegno, l’altra, alquanto piegata, sopra il rialto. Seguirono un cinque minuti— lenti per ambedue come quelli di un prigioniero, cinque minuli di una pesantezza di piombo. — Il conle teneva dietro machinal- inenle collo sguardo a due farfalle che senza posa, si correvano appresso a muta per acchiapparsi e non riuscivano mai : Emma, col puntale del suo bastoncino deli’Alpi, scalzava islizzita i sassolini della via.... rilardando così il viaggio ad una pòvera formica che col suo minùzzolo in bocca, mezzo balorda, mezzo accie-