Pagina:Opere (Dossi) I.djvu/331

298 PREFAZIONE Non dico che non vi sia del vero in ciò. Il tàcito patto del frico ut frìcas fu la base, specialmente fra i dotti, di molte celebrità ; se tuttavia, colla adulazione, si và alla fama letteraria in carrozza, vi si và in vagone col biàsimo. Difatti, benché la tua lode possa rènderti amico e futuro laudatore un collega (non sempre però, che, a contatto dell’ìntima soddisfazione che sente di sè qualunque autorello, ogni più fitto incenso par fumo di rapa) essa, nel medésimo tempo, è d’offesa ai novanta nove altri che tu o tacesti o in pari misura lodasti — non di tanta offesa, peraltro, da costituire il cosidetto fallo personale, cioè di farli cantare. Al contrario; il tuo dir corna apertamente di molti, anzi di tutti, ti susciterà intorno un vespajo di recriminazioni. Non vi ha scribacchio che non possa mèttere bocca in qualche trombone o fischietto della quotidiana pubblicità. Tante le accuse, altrettante le difese — ecco il pettegolezzo, o con più nòbil parola, la polèmica. Cento gazzette contro di tè, centomila lettori del nome tuo — ecco, (secondo i prezzi del mercato attuale) la fama. Con tutti questi vantaggi, non c’è da stupire se la prefazione ha messo pancia e da serva è diventata padrona. È di lei, come fu già della porta. Destinata in orìgine ad imméttere semplicemente nella casa, la porta non era nè più nè meno ampia di quanto occorreva, e per mag- gior sicurezza, la si teneva dissimulata. Senon- chè, nata la smania delle ambiziose apparenze, la porta fu ingrandita e recata nel mezzo della facciata, acciocché la folla avesse potuto ammirare il felice che entrava nel suo làuto palazzo. Non bastò questo, ma la si caricò d’ornamenti, e le si accollarono, a sentinelle sui lati, un paio di colonne, poi le colonne incominciarono a slon¬