Pagina:Opere (Dossi) I.djvu/266

Odio amoroso 235 Ed Ines si appressò a Leopoldo, tremante; ella, come un fantoccio, l’abbracciò; lui si lasciò abbracciare. Son pur felice, conte! — disse la vecchia maestà, facendosi innanzi. — Si accomodino. E tutti e quattro sicdèttero. Così, il discorso, principiò e seguì, solo tra Ca- moletti e la signora Maria, due tali, per parlantina allo stessissimo buco; questa, che già iscorgeva in prospetto le sguizzasele vetrine del gioielliere, tolse la mano del dire, mettendosi a fare l’elogio della scolara di lei, dàndola per garantita, e sospirò e pianse; quello, come riuscì a rubarle la parola di bocca [che altro mezzo non c’era), snocciolò una tirata di ledi sul principale di lui, la quaLe, vólto il tempo presente in passato, avrebbe pure servito da necrologìa. Ma, quanto alla sorella e al fratello, non una di quelle vampe di affetto che rischiarano a un tratto antichi ricordi, obliati, ricordi d’infanzia; sedevano a bocca chiusa, non rispondeva!! che a cenni, pire- vano insomma due poveretti villani, che, mascherati via ricchi, stessero in soggezione del loro vestito. Oh sacristìa ! — dicea tra se l’avvocato — che scherzi fa amore! — III. In verità, era un bruttissimo scherzo! Poiché Leopoldo fu tornato all'albergo e fu nella càmera sua, solo (che egli avea lasciato ancor la sorella in collegio sotto la scusa che tra pochissimi dì sarebbe venuto a pigliarla per condurla alla villa) cominciò a lagrimare, poi ismaniò, e finì tempestando. E che tempesta la tosse, il conto dell’albergatore può dire! Vo; la sorella di oggi non dissolveva l’amata di jeri. Argomentava pur bene la signora Ragione, ma il Sentimento non ne capiva il linguaggio. Leopoldo pensò di scrìvere a Ines, dirle ch’egli era obbligato cìi ritornare in America, che lo obbligàvan gli affari, e ci si pose a tamburo battente. Ma, fatto due