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192 vita di alberto pisani

— interruppe la vecchia con un barlume nel viso di cupidigia e di speme. — Il cielo ne guardi ! — fé’ Alberto. — E a scanso clic se ne possa — aggiunse — tu, Paolino, butterai via tutta ’sla roba. Ma.... — Il ma gli correva alle labbra nello scoprire, fra quelle quintessenze di vila, una lerzctla a due colpi, càrica. — Ma — riprese — ecceìtuando colesta. — E se la mise in saccoccia. Più non restava da visitare se non la càmera a letto del mago.Vi s’accedeva perla cucina.... scusate ! volevo dire laboratorio ; ed il pennello di luce, che insieme alla portinaja e ai nostri due amici vi entrò, ivi loro dipinse una catasta di mòbili. Alberto cammina dritto a disbarrare le imposte. Sotto, ecco un’ortaglia ; al disopra, odi rugu- gliare i piccioni. E, nell’ortaglia, non un segno di andari, ma un guazzabuglio di piante ; poi, una cinta ; al di là, praterìa. Di cui, seguendo una scriminatura, la quale giusto si parte dalla casina del mago, incontrasi un'altra cinta, quella del cimitero : ancora al di là, pòpolo fitto di spade appuntate nel suolo. — Alt ! — sciama Alberlo, battendo la mano sul davanzale della finestra. E pensa : — qui scriverò. Quella veduta, sprona. —