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vita di alberto pisani |
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dell’alba, miràndosi con ispavento. E certo; l'asporto
di lui, dovea èssere bene stravolto, se le due donne
agghiacciarono, e l’uomo se la cavò.... in cerca di un
prete.
Non l’avesse mai fatto!
«Il mago» si vide perduto, vìdesi alle cimosse!
— Gira largo, via ! — stridette.
Ma il prete fe’ per pigliargli una mano. Martino
addietro, con terrore, come tocca una biscia; diede
nel letto, cadde entro la stretta....
E in quella, «per paura di morte», morì.
E, come il mago non lasciò testamento, venne la sostanza di lui nel capitano Pisani, padre
di Alberto ; il quale fu nella misteriosa casina,
prima ed ùltima volta, il giorno de’ funerali
del zìo. Che, se il prevosto avea detto e ridetto che don Martino era assegnato da un pezzo
a cibo di Barlicche-barlocche, non avea ciò
tolto di glielo inviare con tutti gli onori possìbili. Senonchò, le parole di un prete fan sempre male a qualcuno, salvo a lui ben inleso;
per cui la casa del mago l’ebbe bianca a pigione.
E a chi poi ini dimanda, come le poriinaje, due
bealocclie e paurose, potessero unii abitarla, rispondo con la ragione delle ragioni, che fuori
non no dovèano méttere. Del resto, èrano bene
ferrate: avèano intornavìa un arsenale di croci,
aquasanlini, agnus-dei, palme.... e brigidini e
rosari e candeluccie dipinte.
E fu alla casa sudetta che il brougham di
Alberto, partito dalla città, fcrinossi.
Primo, s’aprì lo sportello a Paolino.... Oè, marchesa Clemenza, non aggricciale le labbra, voi
che tenete in sui pie’, dietro la vostra carrozza, i servi, e die non stareste in bilancia,
rinvenendo la moda, di sguinzagliàrveli innanzi. Epperchò, dite un po’, con due còmodi posti al didentro, obbligare Paolino a schiacciarsi