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CAPITOLO OTTAVO 175 clic buoni, secondo meglio ci torna ? Aqua ! il dì tredici ?... Pollronarìa aprì tosto ad Alberlo un sacco di arlìe. Dùnque, allontanandosi del tutto dallo scritto- jo, prese il cappello ed uscì. S’intende ch’egli sentì vasi in corpo quella stracchezza e quella vergogna che ci tormentano allorché transigemmo col nostro dovere : come, per altro, l’uomo si studia di rinvenir sempre ragioni fuori di se per la mala sua voglia, e di sempre ingannarsi, così Alberlo pensò che scrìver col cuore e con Farle possìbil non era in una sì gnocca e sonnolente aria, e tullogiorno vedendo gli stessi visi di persone e di case (e lu cambia strada !) di più, abitandone una dall’eterno sbadiglio. I11- quanlochè, per vicini, egli avea, a terreno un banchiere ; a primo piano, un generale in ritiro, e un alto impiegalo ; al secondo, due giubilati civili e un canònico. Oh ! avess’eali vis- siilo Ira il ràntolo delle seghe, lo squillar delle ancùdi cadenzalo col canto, lo strèpito de’ telai, il molo, le grida, insomma il fervente lavoro ! Xolle ; il cori il delle poste. In mezzo, nell’ombra, una diligenza a gobba coperta di tela cerata, alla quale, degli slallieri in camiciotto azzurro, attaccano tre robusti cavalli. E intanto, presso un lampione, Il cocchiere aggroppa una nuova scoppiarella alla frusta. — L’inlerno. completo — fà un uomo a berretto listato di oro, scendendo lo smontalojo (U'ÌY òmnibus. E va a dare un’occhiata al coupé. Vi è gióvane intabarrato. — lino — egli dice, consultando un libretto;