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174 vita di alberto pisani

(dovea tormentarsi il cervello) ; addentò la cannuccia ; nulla ! Senonchè, togliendo questa di bocca, gocciò a mezzo del foglio una macchia. E Alberto, soprapensieri, pòsesi a racconciarla ; le aggiunse una testa, una coda ; e non s’accorse di pen- neggiare un caguolo, se non a lavoro finito. Pensate come dovette istizzire ! Lanciò lontano la penna, slrinse, gettò per terra il fogli tizzo ; fu per gettarvi il calamajo financo, ina si rat- lenne, avvertendo al tappato. Convenzionalissima ira ! E si lasciò andare sdrajalo nella poltrona (tra noi, più che còmoda in maledendo e il poco ingegno di lui, ed il caràttere brutto ; disse che la iniaimiazioiie ùraidi imbozzacchì- o n ta; chiamò in soccorso i suoi favoriti.... Sterne, Thackerav, Porta.... E Porta, Thackeray, Sterne, tennero mano alla pollronarìa di lui. Al martedì ! L’amico bello — fermo stavolta di vincersi — p ri limi di tutto, cambia la sua pigra poltrona con una sedia di pelle duramente imbottita. Fede di Vincere, fà : ma una colazione abbondante impaccia ad Mherlo la virtù volitiva. Inoltre, com’egL è a scriltojo, un raggio di sole, battendo in una vetriata di faccia alla sua e riflesso, Viene a baluginargli a più riprese negli occhi. Egli si leva, socchiude gli scuri ; ed ecco rillimiinello lampargli per altra via. Abbranca il tavolino egli alloro, e lo trasporla in parte diversa ; torna a sedere, bagna la penna ; ma il tavolino, di cui solo tre gambe toccano il pavimento, si mette ad ondare. Cristomarìa ! Alberlo balza in pie’ spazientito, e intanto lo sguardo di lui cade su 11 taccumo, il quale segna il dì tredici. Chi è che non sa come noi siamo superstiziosi, cattivi, quindi an-