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CAPITOLO QUINTO 147 invece a Pavia, oh ini vedeste quando fò lo studente.... con tanto di cappellaccio e mantello ! MIora, pipo, giuro « per Cristo c Maria!» dò del lu a chiunque, e grido : « viva Mazzini! e Garibaldi! e il suo inno!» Torniamo ad Alberto. Eccolo a quattro spilli, vestilo come un figuro da moda e spiritoso del pari. Dà un altra occhiala allo specchio. Stavolta, la luce, tenendo il lume Paolino, ve- nìvagli dal sopra in giù, parca ingrassarlo.... N è '! non si poteva dir bruito, anzi ! E di una signorile andatura — mò perche ridi, mio Cletto ? — signorile, dico, c ci ho le mie brave ragioni. Chèli ! non è forse il camminare in un pezzo, ingommato, ed il parlare stroppiatamene, molto più da signore che non l’andare via lisci, come ci taglia il passo e la parola natura? non vuoi lu che il signore, in qualche cosa oltre ai panni, possa venire distinto dal poverame ? Dùnque, Alberto, di una signorile andatura, più non pensando che le sue quattr’assi, forse, èrano già in magazzino, si avvia al teatro. Correva allora la moda pel cìrcolo equestre ; egli vi giunge e solleva la pesante imbonita della porta di strada, di Dio sa di quanti sospiro, cui la moglie moriva dalla febbre e dal freddo. AI dispensino stava un biondone, acceso di colorito. Per il momento si limitava a vénder biglietti. Bastò un’occhiata di lei a confondere Alberto ; al quale se aggiungi un pajo di guanti nuovi strettissimi, comprenderai (pianto dovesse penare a produr fuori il borsino e ad aprirlo. Pagò. La dispensicra, con il biglietto, gli rendette de’ spìccioli ; egli se ne allogò, uno nella tasca di destra, 1111 altro in quella di manca, e, come gliene avanzava fra inaili 1111 terzo, chiese una sedia.