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vita di alberto pisani |
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bili abissi ; per te si cammina sicuri, nò si cade
mai. Povertà non teme indugiarsi a ora tarda
pei boschi ; se chiude la porla, è solo in riguardo dell’aria.
Mirate invece frulli del troppo studiare! dico
in arte, intendete. Anzitutto, spendiamo il terzo
migliore della vila nostra, quello di amare e
creare, nelle cantine c nei spazzacasa, in busca
di code di sorci e di capocchie di chiodi. Quando poi ci sovviene d’avere sul collo una lesta
e nella testa un cervello, la nostra originalità
(primo tesoro a ciascuno) c svanita ; noi, pensiamo secondo vuole la rima, facciamo a ricetta ;
oppure, incapati a seguire le orme di qualche
grand’uomo, gettiamo la rimanente vita senza
alcun prò. Per fare il Manzoni, eccoci Car-
canini !
E alcuna volta si apprende, dopo un lunghissimo rigirìo, che, fiori, sìmili a quegli essiccali
che noi cercavamo di rinfrescare, venìvan su
a dispregio nel nostro giardino ; che quella chiave, per cui frugavamo tutta la casa, era là,
dove meno ci si pensava — in una lasca di noi.
Ma c se non fosse là pure ?
Oh ! allora, notte felice. Se qualche volla lo
studio, a chi ha la presti divina, può non far male ; a colui che ne manca, mai non fà bene. Inaf-
lia il tuo ghiarone, concima ! non caverai che
de’ sassi ; i fiori tuoi, carta ; i prati, saranno
felpa.
Tuttavìa, poniamo clic le qualità essenziali
del genio siano in te, basta ? No. Lo schioppo
caricalo c montato ha d’uopo di che fàccialo
esplòdere ; per esempio, l’incontro con un’òpera
somma, prodùssene altre ; ecco dùnque un portalo di quello studio, che poco sopra (vìvano le
contraddizioni !; abbiamo detto non ùtile. lì fuor
dallo studio ? Sì. — Cosa ? Amore. — La biscia