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vita di alberto pisani |
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l'apparenza, rado dalla sostanza ; clic un brodo
in tazza di porcellana ci par migliore di uno in
iscudclla di terra. Dite, avrebb’egli pianto lo
stesso, se la infelice si fosse, ignobilmente, appiccata ?
In conclusione, ei si sentiva malvagio; se
non ancora assassino nè ladro, in grazia delle
circostanze solo.
Nulladiracno, i malvagi, per la più parte, hanno talento ; forse perchè, dovendo, possano ([nella virili aquistarc che non fu loro donala. Ed
egli ? Avea sì la gobba sul naso, Y ingeni i mons
della fisonomìn ; ma, in verità, leggendo, egli
stentava a capire. Le poesìe, di lui, regalarle
ai camini, sarebbe slata superbia. Memoria?
da penna d’oca. Tallo critico ? peggio che peggio ; sempre si distaccava dii un libro, Un una
sinfonìa, da un quadro, incerto se e perchè pia-
cèsscgli o no. Quanto al discorso poi, mai botte
risposte, mai lampi di genio ; parlava a lambicco, poco, c anche quel po.*o sconnesso, segno
di roba mal digerita e di pensieri informi.
E nemmanco avea in cosfa un marsupio di
studi, sia ùtili, sia dilettévoli, come vuol la corrente e stùpida distinzione. Infatti, che sapeva
cidi a mùsica? Tamburellar con le dita c fuori
o
di tempo sui vetri. E a disegno? Non temperarsi nn làpis. E a matemàtiche, istorie, leggi,
c via via ? Bah ! della parte maggiore ;1 nome
solo soletto ; dell’altra, sottosopra lo scopo, c
non più. Infine ! agli esercizi anche del corpo,
nè adatto, nè uso. In nuoto, un pesce di piombo:
nelle ginnàstiche, semplice spettatore ; in arte
equestre, noto solo alle scope e al cavalloni
di legno.... Era palpàbile prova il suo pòvero
corpo, malnato, male-cresciuto.... Tè, vedi.
E qui Alberto, tolto dal tavolino un candeliere acceso (chè nota bene, egli usava spe¬