100 |
vita di alberto pisani |
|
che tien, fra il panetto c la mela nel panierino,
lo scolaruccio.
Oltredichò son tutti con il millèsimo dcll'ol-
locento sonato, a carta (piasi una panini, a caràtteri nitidi e svelti. Se clàssici, senz’un.i di
quelle profondo dichiarazioni, clic appicchisi ai
passi più chiari per rènderli oscuri, o noie che
mandali da Erode a l’italo, dome, del pari, senza
nè rvncis nè ligncis fiyuris, sia nel testo, sia
aggiunte. Alberto Pisani non ne poteva soffrire,
fossero stale di un Yan-l)yck. Per lui, gli illustratori èrano gente, che gli si volèvano imporre
alla fantasìa, che. non chiamali, s’introducevano là, dove desiderava trovarsi col suo autore — da solo a solo.
E, giacché parliamo di libri, Alberto, fra le
cento stranezze, ne contava parecchie intorno
alle legature e ai formali. Secondo lui, a Tàcito,
a Machiavelli slava bene l'in-quarto, il Ionio
ùnico, la coperta robusta, sémplice, seria ; Metastasi invece polèvasi rompere a volumetti e
a molti, caricare di fregi : Ortis dovèasi lasciare
in camicia, molle, pronto a sparire sotto ai quattr'occhi della signora maestra.
E ora, questo Alberto Pisani, che è un bru-
netlino dal viso trillo (pianto soffrente, magro,
e di un venti anni e coda, quantunque ne dia
a vedere al più al più diciasetle, slà in pie’ su
’na sedia alla libreriuccia aperta. Egli, coll ìndice, scorre il dosso dei libri del palchetto di
mezzo. Si ferma a Parini, lo tràe di rango,
pone sulfùllimo piano. Sòglie. Passa l’epistolario
di I go, insigne romanzo perchè non scritto a
disegno, perche di tale che fieramente sentiva;
passa il cigli-aggrottato e taciturno Alfieri, stoffa di Dante ; e l’amoroso professor di diritto,
cui certo qual ruggì nume dà più spicco e malìa che non a Petrarca raddormenlatrice scoi-