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La Principessa di Pimpirimpara |
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mente il passo, signori vestiti ad un modo e
dallo stesso scipito frasario, domèstici livreati
ladronescamente (piasi come Ministri di Stato,
(lame mezzo svestile, con gonne di color zaba-
« * •
glione, gambero cotto, dorso di scarabèo.... di
raso, di mussolina, di velluto, con guarnizioni,
nastri e fiori di pezza ; e quel trimpcllamento
cunlinuo, monòtono di un pianotorte ; (pie’ colmi
càlici di falso-Champagne, il tutto avvolto in
un'aria calda, polverosa, che rincollava a camicia alla pelle e ti essiccava il palalo, mi avèa-
110 ubbriacalo del tutto. Al che, se tu aggiungi
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un pajo di occhi che mi guardavano fisi fisi,
neri, birichini, come quelli della vedovella contessa di Xievo, uno degli aslri della città se....
Dio ! (piando ci penso, don mè, essa, avèa ballalo la maggior parie de valzi, polche, quadriglie, a mè chiedeva il braccio perchè la scortassi alla cena — e le recài io medésimo lo
abellino, poi un’ala di quaglia — per mè,
in quella sera, le lusinghiere frasette, le stra-
lueenti zolfanellate. Pensale dunque quanto se
ne dovesse tenere un giovanoltino fuggito appena dal materno capézzolo, sentendosi il favorito di un ìdolo dei meglio incensati, vedendosi su la di lui nera mànica il più rotondo sodo
avambraccio che mai portasse smaniglio ! Sarèb-
bene, fin un dei sette, impazzito.... E proprio
ci avèa motivo: nè più nè meno che per certe to-
suecie dalla corta vestina, le quali, in quella
stessissima veglia, èrano — da un bel luogotenente degli Ussari, dai mostacchi biondi arricciati — tolte, non so perchè, esclusivamente
a piroettare.
Da parte mia, m’abbandonavo a una èstasi
tale che sono sicuro di avere commesso a quel
ballo, e sùbito dopo, le più niajuscole farfal-
lonerìe. Bastimi ricordare come dimenticai af¬