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74 | poesie |
Forse vêr lei s’adira
115Crudo Marte fremente,
O fier digiun l’umana vita infesta?
Quinci duolsi e sospira,
Ed è la Tosca gente
Umida gli occhi, ed a mirarsi mesta?
120Ah no: per maggior pena ella è dolente:
Ella languisce e geme,
Che Cosmo acerba morte oggi le fura,
Solo per cui dalle miserie estreme,
Che regnano quaggiuso, era sicura.
125Se verginella sposa
Può lamentarsi a torto
Sul feretro mortal del suo diletto,
A torto lagrimosa
Prende oggi disconforto
130Firenze, e colma di cordoglio il petto,
In negre spoglie avvolto
Scorge il buon re che la beava, e scorge
Sotterra ogni piacer seco sepolto,
Ne più l’usato Sol per lei risorge.
135Vero è, che a’ pianti invano
Suolsi ogni varco aprire,
E dal fianco i sospir traggonsi a voto:
Si con orribil mano
Vien pronta a noi ferire,
140Ne mai sa poscia ristorarne Cloto.
Ma non è biasmo in se raccor martire,
Quando a corona egregia
Rivolge morte insidiosa l’armi;
E più piangendo il suo signor si pregia,
145Che con scarpelli effigiando marmi.
A Silla, onde rimbomba
Odiosa rimembranza;
A Cajo, ed a Neron, specchio degli empj,
Non venne men la tomba;
150E temuta possanza
Fece anco a’ fier tiranni innalzar tempj;
Ma se altri sopra lor cangiò sembianza,
Vivacemente il core
Dentro il petto a gioir fu persuaso:
155Sol perduta virtù reca dolore,
E però fu d’Ettor pianto l’occaso.
Ei mentre i suoi difende,
D’alta fortezza adorno
Cangiò la vita a bella fama eterna;
160Poi dall’avverse tende
All’usato soggiorno
Il trasse l’ôr della pietà paterna;
Allor dentro Ilïon gli furo intorno
I popoli dolenti,
165Rinnovellando le sue prove eccelse;
E ciascun fe’ degli occhi ampj torrenti,
Il sen percosse ed i capelli svelse.
Or per tal via non meno,
Ogni alma a te fedele,
170Cosmo, circonda la real tua bara;
E tutto s’empie il seno
Di puro assenzio e fiele,
E te guardando a farti mesto impara:
Senti, senti buon re l’alte querele,
175E come al ciel sen vanno
Lunghi ululati in richiamar tuo nome;
Prova ti sian del sostenuto affanno
Gli scuri ammanti, e le disperse chiome.
X
SOPRA LA MORTE DEL PRINCIPE
D. FRANCESCO MEDICI1.
Nè formidabile uso
Di parto femminil mostri e portenti
Non ci turbò le fronti;
Nè turbine rinchiuso
5Scosse dell’ampia terra i fondamenti,
O fe’ crollare i monti;
Nè per gli spazi della notte ombrosi
Spiegò cruda Cometa i crini ondosi.
Volgean liete e sicure,
10(O degli umani cor vani pensieri!)
Al nostro viver l’ore:
E pur caduto, è pure
Oggi de’ pregi di Toscana alteri,
E spento il non minore,
15Di cui l’orrido gel ne’ più verd’anni
Sembra che Italia a lamentar condanni.
Non mi querelo a vôto,
Lasso! chè alma gentil su caso indegno
A gran ragion sospira:
20Atropo dura, e Cloto,
Perchè verso di noi tanto disdegno?
Onde risorge l’ira?
Di nostro orror non v’appagaste, quando
N’involasti il gran Sol di Ferdinando?
25Ahi che l’orribil volo
Spiegate, ahi che più ree fate ritorno,
Ebbre di fier veneno!
Ecco nembo di duolo
Copre Firenze, ed al bell’Arno intorno
30S’adombra ogni sereno:
Ecco sbandito il suon, deposti i fregi,
E sepolto il gioir di tanti regi.
Or d’alta angoscia oppresso,
Ove devo imparar note funeste,
35E nuova arte di pianti?
Vergini di Permesso
Deh disperse le chiome in negra veste,
Scolorite i sembianti,
Ed alzate armonia d’aspri dolori,
40Stracciando in sulle tempie i cari allori.
Non fo preghiera a torto,
E non vi scorgo a lagrimar tormento
Di regioni estrane:
Sempre gentil conforto,
45E sempre venne a voi chiaro ornamento
Dalle magion Toscane;
Voi vel sapete, ed io non mento, omai:
Scendete o Dive, e raddoppiamo i guai.
Alma, che dipartita
50Quasi sull’apparir chiaro dimostri
Siccome fral si viva,
Se alla tua nobil vita
Non dispari al favor de’ voti nostri
Spazio si consentiva,
55Ben toccava il tuo piè le mete estreme,
Nè mai cadea la traboccata speme.
- ↑ Figlio di Ferdinando I fratello di Cosmo II. Morì al quarto lustro dopo due anni di malattia.