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del chiabrera | 45 |
Austria, che al suo valore
Vede inchinarsi l’una e l’altra Teti;
Medici, il cui splendore
10Su nell’Olimpo ascende,
E stelle ivi raccende
Di non più visto ardore.
Ed ecco nobil squadra
Di beltà femminile,
15Per sembianti gentile,
Per abiti leggiadra:
Di varj fior, quanti ne serba Aprile,
Splendean le ricche vesti,
Che con mani ingegnose
20Ivi novella Aracne avea conteste.
Le guance erano ascose,
Non per altrui celarsi,
Ma per altrui mostrarsi
Via più meravigliose.
25Or chi degli occhi i rai,
Onde Amore tentava
Allor, ch’ei più beava,
Chi potrà dir giammai?
Chi la neve del piè, ch’ora s’alzava,
30Ora radeva il suolo,
Ma nol lasciava impresso
Sì, che non era passo, anzi era volo?
E chi l’orgoglio espresso,
Col dar volta, e fuggirsi?
35Chi l’atto del pentirsi,
Con inchinar dimesso?
Quinci gran meraviglia,
Nel gorgon di Perseo
Abbominato e reo
40Sassificò le ciglia;
O di quante alme vinte alzò trofeo
Per quei Soli notturni
Amore, e quanti accenti
Trasse fuori de i cor più taciturni?
45Vidi io ne’ più dolenti
Scherzi, sorrisi e giochi,
Piaghe, tormenti, e fochi
Vidi io ne i più contenti.
Cor mio, soverchio ardito
50Oggi innalzi l’antenne;
Mira, che ne fai penne
Per pelago infinito:
L’ancora salda, che Parnaso dienne,
Afferri umida arena
55Dentro porto sicuro,
Mentre che ci fa calma aura serena.
È vile il pregio e scuro
Di qualunque altro piede;
A risco di mia fede,
60Odalo Apollo, il giuro.
Sento ben debil voce,
E una Fama, che canta
Per l’antica Atalanta,
Come in corso veloce;
65Ma che sa dir? velocità cotanta,
Come sciocca ed avara
È nell’obblío caduta:
Bella Virtute i nomi altrui rischiara,
Nè Parnaso rifiuta
70Ornare alme ben nate;
Ma per altrui viltate
Sempre ogni Musa è muta.
LXVI
ALLA SERENISSIMA
MADDALENA
ARCIDUCHESSA D’AUSTRIA, E GRAN DUCHESSA
DI TOSCANA.
Spirto d’un solo vento
L’alma d’ogni nocchier non riconsola,
Nè mai suol far contento
Il cor d’ogni uomo una vaghezza sola.
5Chi verso l’ôr, che rapido sen vola,
Insidïoso tesse ingorda rete;
Chi varca monti peregrino, e prati;
E chi de’ fonti di Ciprigna ha sete.
I Re grandi e scettrati
10Lungi fuggir da Lete,
Abbominevol rio,
Hanno acceso nel cor sempre il desio.
Verace suon rimbomba
Del Macedone fier, che sul Sigeo
15Bramò l’inclita tromba
Del germe invitto del real Peleo.
Dall’altra parte il buon cantor Febeo
De’ più sublimi le ginocchia abbraccia,
E quindi alle procelle, onde sovente
20Quasi l’assorbe il mar, scampo procaccia.
Degno è, che sia dolente
Chi per viltate agghiaccia,
E per giusto gioire
Non arma di gran fiamme il suo desire.
25A me per certo addita
Euterpe d’Austria la maggiore altezza;
Ma l’arena infinita
Porsi a contar sul lido è gran sciocchezza;
Per te, nuova d’Italia alta chiarezza,
30E dell’Etrusco regno alma Reina,
Tessendo inno di gloria a tua corona,
Rassembrerà mia cetra onda marina,
Che pria cheta risuona
Sulla piaggia vicina,
35Poi rimbomba, poi scote
Le salde navi, e i monti aspra percote.
Odio l’ignobil detto,
Ch’ombra cosparge al femminil splendore,
Quasi non chiuda in petto,
40Per opre eccelse anch’ei sommo valore,
Già non imprime l’orma in quest’errore
Della nobil Polonia il grand’Impero,
Nè ce l’imprime il fortunato Mondo
Sotto lo scettro del Monarca Ibero:
45L’uno e l’altro giocondo
Per lo splendore altero
Di due regie sorelle
Nel cielo d’Austria a rimirar due stelle.
Ma chi legno veloce
50Oggi mi spalma, e veleggiar m’insegna,
Sicchè a tua cara foce
In brevissimo tempo, Arno, men vegna?
Qui splende Cosmo in bella sede, e regna
Volgendo di Saturno aurea stagione,
55Ed a lui di dolcezze alme infinite
Porge alta Donna singolar cagione.