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30 | poesie |
25Allor percossi dagl’incendj eterni,
Lunge sospinti dall’aurate stelle,
Discernerete in voi, come Babelle
S’oppose in darno a’ fulmini superni;
Or via con l’arme trapassate avanti,
30Vïolenti Giganti.
Ma noi su Pindo raggiriamo i passi
A più söave ricercar sentiero,
Per li gioghi supremi omai Ferrero
Dell’Aonia foresta i piè son lassi,
35Oh chi m’adduce a’ vaghi piani erbosi,
Si ch’ivi io mi riposi?
XLIII
NELLA CREAZIONE DEL SERENISSIMO
ALESSANDRO GIUSTINIANO
DOGE DELLA REPUBBLICA DI GENOVA.
Scettro, che d’alme gemme aureo lampeggia
Vibrar con nobil mano,
E dettar leggi da superna reggia,
È segno estremo al desiderio umano;
5Ma non si biasma invano
Talor l’altrui sentiero,
Quantunque in terra a sommo onor pervegna,
Cotanto uman pensiero
S’accicca, e lume di ragion disdegna,
10Quando è bramoso di reale insegna.
Chi è che dentro ingiurïosi assalti
Sangue versar non goda;
Purchè suo stato e che suo nome esalti?
O chi paventa abbominevol froda?
15Ma se ammirabil loda
Di senno e di bontate
Giammai la patria così forte accese,
Che d’alta dignitate
Sia co’ suoi voti al Cittadin cortese,
20Chi più sublime e con più gloria ascese?
Or tu giugnendo fra’ civili affanni
A singolar corona,
Lieto rivolgi e consolato gli anni,
Poichè pregio simíl non t’abbandona.
25Odi, che il Ciel risuona,
E che di gaudio impresso
Ciascun s’affretta a venerar tua sede:
Ed io lungo il Permesso,
Sacro alle Muse, obbligherò mia fede,
30Che altri non pose a te vicin suo piede.
Sento fremendo errare austri possenti;
Musa, stringi le sarte,
L’antenne abbassa, all’impeto de’ venti
Prova è di senno veleggiar con arte;
35Voci immense cosparte
Per eccelsa virtute
Svegliar son use per invidia il morso;
Ma dalle labbra mute
Il mortale valor non ha soccorso;
40Dunque per altra via prendiamo il corso.
Anzi che in riva al Tebro esser secondo
Fra i colli alti e famosi,
Esser bramava il vincitor del mondo
Primo fra’ gioghi Alpini aspri e nevosi;
45O dolci, o venturosi
Se alla tua sorte attendi
Con esso me, Giustinïan, tuoi giorni;
Fra’ boschi ermi non splendi,
Regni d’orrori e d’ombre; i tuoi soggiorni
50Veggo tra’ seggi a meraviglia adorni.
Ove son più bell’Albe in ciel sereno
Od Esperi più chiari?
Ove di Flora, e di Vertunno, o meno
Ove son di Pomona i Numi avari?
55Sul dorso ampio de’ mari
Qui ti conduce a volo
Cerere da lontan prore infinite;
E dall’avverso polo
Per onde, appena infra gli antichi udite,
60Qui ti sparge tesor nuova Anfitrite.
Ma della nobil gente il pregio eterno
A dir m’invoglia il core.
Altri del Vatican siede al governo,
D’ostro chiaro via men che di valore:
65Altri supremo onore
Già di Nettun ne i campi
Ebbe, di più degn’Argo alto nocchiero;
Altri fra nembi e lampi
Scosse d’iniqui rubellante Impero,
70Vibrando i tuoni del gran Giove Ibero
Dove corro io? di sì veraci lodi
Per lo Ciel così puro,
Ben potrei sulle piume in varj modi
Per lunga via dedaleggiar securo;
75Ma fren severo e duro,
Che di bell’inno ai canti
Picciolo spazio trasvolar consente,
Fa ch’io non passo avanti,
E torno a te, che di virtude ardente
80Sei tanto Imperio a governar possente.
Teco fra noi la peregrina Astrea
Oggi abitar destina,
Sì la bilancia, onde ciascun si bea,
Nella tua mano in nulla parte inchina;
85Ma quando aura divina
Fra cotante tempeste
Colà securi ne rimena in porto,
E da lume celeste
In così folta notte abbiam conforto;
90Da lui per grazia il tuo cammin fia scorto.
XLIV
PER FRANCESCO MEDICI
GUERRIERO INSIGNE.1.
Tre di Castalia Ninfe,
Belle per oro d’increspate chiome,
Che dagli almi Cantori
Grazie quaggiù sete chiamate a nome,
5De’ vostri Aonii fiori
Datemi tre ghirlande;
- ↑ Fratello del granduca Ferdinando II. Militò ancor giovinetto nel 1631 negli eserciti dell’imperatore Ferdinando II, suo zio, sotto il comando di Vallenstein. Contribui con Piccolomini a scoprire il tradimento di esso Generale. Morì innanzi Ratisbona nel 1634.