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28 poesie

     Fermo sul Tebro, di tua gran virtude
     40I rai lucenti fai volare intorno.
Che i Mori assaglia, o che il Monarca Ibero
     Guerra destini all’implacabil Trace,
     Non ti si cela, e sull’amabil pace
     In tua fè si depone il suo pensiero.
45Quinci racconti i desiderj regi
     Al Vaticano, e ad ognor t’affanni,
     Acciocchè il nostro acciar di torbidi anni.
     Dell’oro antico si riduca a i pregi,
Chi tenta ciò speri d’Alcide il vanto,
     50Vegghiar, sudar nelle sublimi imprese,
     Chiudere il varco alle temute offese,
     Son le prove di Lerna, e d’Erimanto.

XXXVIII

AL SIGNOR RICCARDO RICCARDI

Quando s’alzò la statua di bronzo
al Gran Duca Ferdinando.

Ecco su base, che d’ingegno altero
     Ornò Scultore, a Prasitel sembiante,
     Di fulgido metal, quasi spirante,
     Frena il gran Ferdinando alto destriero.
5Se qui rivolge, trapassando il guardo
     Stranier, che prove memorabil pregi,
     Ei fia d’imprese e di pensieri egregi
     Verace istoria a rinnovar non tardo.
Astrea ben culta, ed all’amabil Pace
     10Cerere aggiunta, e di pietate esempi,
     Di trionfanti insegne ornati i Tempi,
     Ed ingombro d’orror l’orribil Trace.
Ciò rimirando nell’immagin, parmi
     Del Signor nostro ad ora ad or narrarsi
     15Per nobil turbe; onde è ragione alzarsi
     Ad alme eccelse e fusi bronzi e marmi.
Ma se d’irato ciel turbine oscuro
     Gli aerei campi risonando scuote,
     Se d’atri nembi orrido tuon percuote,
     20Quale a tanti furor bronzo è sicuro?
Dunque in Parnaso alla più forte incude
     Stancando il braccio riversiam sudori,
     E facciasi opra d’immortali onori,
     O buon Riccardo, ad immortal virtude.
25Vaghezza ardita non mai sempre è rea;
     Affretta il piè su per l’Aonie rive,
     E fa sonar fra le Castalie Dive
     Sovra del nostro Re cetra Dircea.
Quando egli afllisse i più remoti Eoi,
     30Tu la temprasti a rischiarar suo vanto;
     Non ti stancar; che non ignobil canto
     E sol conforto de’ veraci Eroi.
E non indarno; i più sublimi affanni
     Cascano in cieca notte al fin sommersi,
     35Se chiara lampa di Meonj versi
     Non rasserena il folto orror degli anni.

XXXIX

LODA LE DAME GENOVESI.

Da’ Campi Elisi, ove di gaudio intero
     È per gli spirti pii la gioja eterna,
     Amor, che a suo voler tutto governa,
     Mandami al Mondo, e son chiamato Omero.
5Vuol che di pregi, e d’alte glorie adorno
     Il vostro nome al Ciel porti cantando,
     Se ne’ begli occhi vostri, onde egli ha bando,
     Gli consentite far qualche soggiorno.
Donne, se amor da voi tal grazia impetra,
     10Io per vostre bellezze armo la lira:
     La lira mia, ch’anco l’invidia ammira,
     Che sprezza il tempo, e la mortal faretra.
Udite voi, di che ammirabil canto
     Elena suoni la Mëonia tromba?
     15Or quel suon, che di lei tanto rimbomba,
     Fia qual mutola voce al vostro vanto.
Perchè salendo all’Eliconie cime
     Là, dove Febo il bel Parnaso onora,
     Inebbriato il sen d’acqua sonora,
     20Con voci nuove avanzerò le prime.
Quivi inchinar le Genovesi arene
     Vedrassi al mondo ogni superba riva:
     Men alto se n’andrà la Terra Argiva,
     Men alto se n’andranno Argo, e Micene.
25Indarno fia per la futura etate,
     Ch’altra memoria sfavillar presumi,
     Voi nel Cielo d’Amor fra gli altrui lumi
     Sarete il solo Sol della Beltate.

XL

DUCA D’UMENA1

Guerreggiò per i Cattolici
contra il Re di Navarra.

Musa, se cor gentil prego commove,
     All’aurea cetra tua sposa i miei carmi,
     Nè paventar l’orribil suon dell’armi,
     Che per alta pietà Carlo le move
     5Ma discendi veloce,
     E fra i campi di Francia alza la voce.
Quando in più ria stagion Gorgone indegna
     Contaminava il puro Ciel francese,
     Il Re languiva alle sacrate imprese,
     10Crudo Navarra dispiegava insegna
     Dal Vatican divisa,
     Sol fe’ contrasto il gran sangue di Guisa.
Allor godea l’abbominata Reggia,
     In che trionfa ognor l’Anglica Aletto,
     15Italia mia, colma di doglia il petto,
     Piangea di Pier la mansueta greggia
     Miseramente ancisa,
     Sol fe’ contrasto il gran sangue di Guisa.

  1. Fratello del famoso Enrico duca di Guisa. Poichè fu questi ucciso a Blois nel 1588 per ordine del re Enrico III, egli a lui succedette come capo della Lega fino al 1596, nel qual anno riconciliatosi con Enrico IV, gli rimase fedele e lo servì utilmente sino alla morte che fu nel 1611.