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secondo ragione? tocco il segno de' suoi meriti, o pure mie forze non sono bastanti? Tale ve lo presento, qual me l'imagino. A me sembra vederlo ordinare le squadre, confortare i soldati, porre il destriero in carriera pieno di vigore insuperabile; miro, che abbassa la lancia, che vibra la spada, che disperde i nemici ferocemente; odo le lagrime degl'infelici, scorgo il sangue, veggio la polvere; e lui fra voci che lo ripongono su le stelle, cosparso di gloria, quale Scipione in Roma, e quale Alessandro in Macedonia. Veggolo, Signori.... ma lo parole non mi ubbidiscono, nè sono forti a seguitarmi; e sono tanto sublimi le vittorie di questo guerriero, che altri non pena meno in lodarle di ciò che si facesse egli in acquistarle. Ma se non saranno ben celebrate, basta che sieno credute, e per sè stesse appariranno maravigliose.




DISCORSI

FATTI DA GABRIELLO CHIABRERA

nell'accademia degli addormentati

IN GENOVA




DISCORSO I

Intorno alla debolezza della prudenza umana.


Quando il signor Principe mi comandò, che io dovessi ragionare in questo luogo, io di partendomi da lui, volsi la mente, pensando quale dovesse essere la materia del ragionamento. Il corso de' miei studj metteami innanzi alcuna gentilezza di poesia; ma a me già canuto salire qui ghirlandato di freschi fiori di Parnaso, pareami mal convenevole: d'altra parte favellare di alcuna scienza, avvegnachè convenisse alle orecchie vostre, a me non era possibile, non avendone appreso alcuna, Dunque dove rivoltarmi? Quello che per me si poteva, era sconvenevole: quello che a voi conveniasi, a me era impossibile. In tal maniera annojato, o dolente del carico preso, ritornai verso le mie stanze. Quivi sul tavolino era un libretto, e conteneva le canzoni di Pindaro; io lo presi in mano, ed a caso aprendolo lessi i versi, i quali spiegavano questa sentenza: Niuno fin qui ha ritrovato sulla terra certo segnale intorno alle cose di avvenire; ed altri fuor di opinione incontra miserie, ed altri di mezzo alle procelle in un punto è tratto a serenità. Parvemi bello il concetto; ma non badando, io trascorsi alcuni fogli, e mi avvenni in queste parole: Sorge per brevi tempo a' mortali la letizia, ed immantinente trabocca a terra. Siamo giornalieri. Che è essere? e che è non essere? sogno di ombra sono gli uomini. Queste parole mi trassero a sé, e mi misero in mente avvenimenti maravigliosi, e molti ne trascorsi con la memoria; ma come in grandissimo mi fermai sopra l'imperio di Roma, allora che cangiò suo governo. In quei giorni Cesare mal soddisfatto del Senato, se ne venne in Italia, seco menando di Francia un esercito piuttosto di masnadieri, che di cittadini. Cesare era guerriero, maestro di accampare, di ordinare squadre, di espugnare fortezze, di sconfìggere eserciti; sprezzatone de' pericoli, sofferitore de' disagi tra i geli della stagione, e fra gli ardori pronto a perseguitare i nemici, quando anche le fiere s'appiattano e per le leggi delle genti al guerreggiare ponsi intervallo. Contro lui si mossero i Lentuli, i Cornelj, i Marcelli, le cui famiglie avevano il Campidoglio ripieno di belle paline, ed anco lo stesso Pompeo, del quale 'l fine della fanciullezza fu principio di guerre grandissime; i cui trionfi erano tanti, quante le parti del mondo, in cui la fortuna, e la virtù talmente congiungeasi, più di quello, assai, che conviensi agli uomini; ma molto meno di quello, che convenivasi a lui. era conceduto comunemente. Cosi atti Capitani se ne vanno fuori d'Italia, e si ritrovano sotto Durazzo. Quivi di giorno i Pompeiani assaltarono gli avversari, ne rimaneano vincitori (per detto di Cesare) se Pompeo sapeva vincere. Mutasi stanza, e vassi in Tessaglia. Cesare senza armata di mare, povero di vettovaglia, afflitto da scomodi aleggiamenti. Pompeo abbondante di viveri, e copioso di moneta, con l'indugio poteva distruggere l'inimico; e tal vantaggio era conosciuto da lui, non per tanto il disprezza, e fa giornata. Di cavalieri aveva numero maggiore, che l'avversario; di fanti il doppio più. Combattesi, i ed i Pompejani sono sconfitti. Ora se il fare giornata era senza ragioni di guerra, ov'è la scienza di Pompeo magno? Se le sue genti vincono sotto Durazzo, perchè non mostrano in Tessaglia almeno la fronte? Non ci partiamo da questo impero, e veggiamo la seconda volta lo stesso ammirabile avvenimento. Bruto, e Cassio armano contro Augusto, e contro Antonio, ma con maggior apparecchio, i Duci eguali, Bruto, ed Augusto non guerrieri; Cassio, ed Antonio esperti del guerreggiare, vengono al fatto, dell'armi. Bruto meno feroce di Cassio vince, e Cassio fu vinto, tutto che Antonio, cui egli combatteva impaurito, da prima si appiattasse nelle paludi. Di più Cassio non aspettando certezza degli avvenimenti, non cercando lo stato di Bruto, disperando senza cagione si uccise, e mise in gravissimo iscompiglio il compagno. Più avanti; morto Cassio, Bruto con maggiore apprestamento di gente, con maggiore provvedimento di vivanda, con migliori alloggiamenti, era ragione che aspettasse l'autunno vicino, il quale con le pioggie usate avrebbe dispersi gli avversari, accampati in regione paludose; ed egli nol fece. Di più l'armata sua ruppe l'armata d'Augusto sul mare vicino, e per Io spazio di venti giorni a lui non ne giun-