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vilmente? e perchè ponvisi salvo che per la rima?

E d'infanti, e di femmine, e dì viri[1].

Viri strano vocabolo per uomini in nostro volgare.

Sì che vedersi potenti tutti quanti[2].

Tutti quanti è colto dalla bassa terra.

O tu che vieni al doloroso ospizio[3].

Ospizio non era proprio, nè era vocabolo da significare l’inferno con grandezza.

Quando si scorse Cerbero il gran vermo[4].

Vermo, picciola cosa verso mostro sì grande.

O caro Duca mio, che più di sette
Volte[5].

Più di sette volte è vile assai, ma la rima la rima lo ripose in quel luogo.

O frati, dissi, che per cento mille
Perigli siete corsi all'occidente[6].

Per cento mille, odesi ogn’ora in bocca alla plebe.

Ora io vengo al Petrarca, ammirabile per gentilezza di favella.

Ma cerca omai, se trovi in questa danza[7].

Danza è detto per la rima, nè ha quivi lode niuna.

Ma ferma son d'odiarli tutti quanti[8].

Tutti quanti, modo di parlare non da rima.

Fecesi il corpo un duro sasso asciutto[9].

Questo aggiunto asciutto non contiene cosa niuna da dirsi.

In fine al cener del funereo vogo[10].

Rogo voce latina, e da non farsi toscana[11] ma egli ebbe ad accompagnarla con giogo.

Talché nessun sapea in qual mondo fusse[12].

Non so in qual mondo mi sia, favellare di ciascuna persona plebea.

Con la sorella al suo dolce negozio[13].

Credo che non si loderà per bello parlare quel dolce negozio.

Ora veggiamo uno o due luoghi dell'Ariosto e del Tasso.

Mentre con la maggior stizza del mondo[14].
E dice queste, e molle altre parole[15].

Modi non nobili per verità.

Ed altri n'ha tutta la spoglia opima[16].

Sacripante re moro non dovea forse esprimere il suo concetto con quella spoglia opima. Ma la rima vi trasse il poeta.

Di colui che in amarla non assonna[17].

Qui assonna è mala rima, ma le due buone la facciono avere per buona. Io voglio sollicitare, perciocché ho impresa per le mani a me odiosa. Dice il Tasso:

Invan l'inferno vi s’oppose, e invano
S'armò d'Asia, e di Libia il popol misto[18].

Qui la parola misto non la pose mai quei grande uomo di suo arbitrio.

Parte fuor s'attendò, parte nel giro
E tra gli alberghi suoi Tortosa tenne[19].

Tortosa tenne fra' suoi alberghi, chc nobiltà ha egli?

E riceve i saluti, e 'l militare
Applauso in volto placido e composto[20].

Pesate quel militare pesate quel composto.

Imponga leggi a' vinti egli a suo senno[21].

A suo senno quanto è egli in bocca dei popoli!

Van con lui quattrocento, e triplicati
Conduce Baldovino in sella armati[22].

Non è egli basso dire quel triplicati, ed uomo il quale amava parlare supremamente, non l'avrebbe rifiutato? Ma la rima lo infingardi.

Gli uni e gli altri son mille, e tutti vanno
Sotto un altro Ruberto[23].

Non avrebbe dello Torquato vanno sotto, non avendo egli la rima sopra sè. Io credo, signore Strozzi, liberata la mia fede, e da lunge mostrato ho in quanti modi ci tira lungi dal dritto cammino questa gentilezza, acuì diamo il nome di rima.

S. Ciò che voi mostrato in trascorrendo mi avete, io per verità non mai avea meco pensato; ma già non tacerovvi, che alcuna volta, o componendo, o giudicando i componimenti, ebbi per costante, gli uomini peggio formare il verso alle volte per conto della rima, che senza essa essi non farebbono.

  1. C. 4
  2. Ivi.
  3. Inf. C. 5.
  4. Inf. C. 6.
  5. Ivi. C. 8.
  6. Ivi C. 26.
  7. Trionfo d'Amore, cap. 2.
  8. Ivi.
  9. Trionfo d'Am. cap. 2.
  10. Ivi cap. 4.
  11. Con buona pace chiariss. Autore la Lingua Toscana ha accettato per ottimo vocabolo la parola rogo.
  12. Tr. d'am. cap. 4.
  13. Ivi.
  14. Orl. Fur. C. 1, st. 25.
  15. Ivi st. 48.
  16. Ivi st. 41.
  17. Ivi st. 49.
  18. Gerusalemme lib. C. 1, st. 1
  19. Ivi st. 19.
  20. Ivi st. 34.
  21. Ivi st. 33.
  22. Ivi st. 40.
  23. Ivi st. 44.