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22 poesie

E non men l’Alpe inaccessibil scorse
     Dell’armata sua man gran meraviglia,
     Quand’ei primier là corse;
     40Ninfe, alpestre famiglia,
     Cui danzan nude fra gli aerei calli
     Il chiuso orror consiglia,
     Di che stupor le ciglia
     Gravaste, udendo ed annitrir cavalli
     45Per l’alte nubi, e rimbombar metalli?
O glorioso, o venturoso Alcide,
     Ch’ode cantar, che tanti mostri ei spense;
     Se Gerione ancide
     Ei per l’orribil dense
     50Caligini sen va, campi di pena,
     E per le fiamme accense;
     E le tre fauci immense,
     Alta guardia di Dite, inclito mena,
     Mostro immortal sotto mortal catena.
55Altri è, per cui dal Ciel si mosse un nembo
     Di nubi no, ma di bell’oro, e venne
     Alla sì chiusa in grembo:
     Ei com’Aquila tenne
     Celeste via sotto ferrato usbergo,
     60Il piè cinto di penne,
     E lui, che alto sostenne
     Le stelle in Libia, e tutto il Ciel sul tergo,
     Fece monte, di gel perpetuo albergo.


XXVII

PER FRANCESCO SFORZA

duca di milano.


I semplici pastori
     Sul Vesolo nevoso
     Fatti curvi e canuti,
     D’alto stupor son muti,
     5Mirando al fonte ombroso
     Il Po con pochi umori,
     Poscia udendo gli onori
     Dell’urna angusta, e stretta,
     Che l’Adda, che ’l Tesino
     10Soverchia in suo cammino,
     Che ampio al mar s’affretta,
     Che sì spuma, e sì suona,
     Che gli si dà corona.
Quante fiate intorno,
     15Lunge dal natío fonte
     D’alto diluvio inonda,
     E la valle profonda,
     E va l’aereo monte
     In su l’orribil corno?
     20Turbano il viso adorno
     Le Ninfe a Pan dilette,
     Mirando i suoi bei regni
     Preda degli altrui sdegni
     Farsi arene neglette;
     25E pur tanto furore
     Sorse di poco umore.
Sulla primiera uscita
     Dell’Eolia caverna
     Austro appena è fremente;
     30Indi vien sì possente,
     Che a sua voglia governa
     La salsa onda infinita:
     Misera la sua vita,
     Chi tra mezzo il viaggio
     35Spande l’umide vele
     Sotto il soffiar crudele;
     Allor quantunque saggio,
     Nocchier non faccia invito,
     Perchè io scioglia dal lito.
40Ed ei, che or su nell’alto
     Risplende, e già fu mostro
     Per la selva Nemea,
     Con picciol suon fremea,
     Se dentro ombroso chiostro
     45Mosse primiero assalto:
     Tale il vivace ed alto
     Valor, che in bocca altrui
     Par, che si avanzi e cresca
     Della gente Sforzesca;
     50Umil sorse infra nui,
     Quando si volse all’arte
     Del sanguinoso Marte.
Ma pur, siccome tuono,
     Che da nembo discende,
     55Saettator veloce,
     Tosto acerbo e feroce
     Scosse si l’armi orrende,
     Che Italia empieo del suono;
     Francesco, altero dono
     60Di Marte a nostra etate,
     Al fin vestissi i fregi
     De i Milanesi regi,
     E con le forze armate,
     Fe’ sua virtute erede
     65Della promessa fede.
Alla mortal vaghezza
     Stato par sì giocondo,
     Aver null’altro eguale,
     Che per scettro reale
     70Spesso il Ciel, spesso il mondo
     Si turba, e si disprezza.
     Ma qual tutta è fierezza
     Percossa Indica fera
     Per riva erma e selvaggia;
     75Tal’è quando si oltraggia
     Nobil’Anima altera;
     E per quell’alte imprese
     Francesco il fe’ palese.
Ma se avvien, che si giri
     80Su per l’Insubria vinta,
     Vinto fia il cantar mio.
     Dolce Regina Clio
     Scendi in bell’or succinta
     Giù dagli Eterei giri;
     85E quella, onde tu spiri,
     Fonte degli aurei suoni,
     Fistola eterna appresta;
     All’onorata testa
     Ta vivo alloro imponi,
     90E tu gli cingi il crine
     Di gemme alte, divine.