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DEL CHIABRERA | 325 |
ALCIPPO
FAVOLA BOSCHERECCIA
all’illustrissimo signor
PIER GIUSEPPE GIUSTINIANO.
Come in ampia Cittate
Amor forte saetti,
Per leggiadra beltate
Di grave piaga i petti;
E come forte d’un bel guardo a i rai
Altrui l’anima accenda;
E come lacci ei tenda
A farne servi, pienamente il sai,
S’altri in Cittate il seppe,
O gentil Pier Giuseppe.
Per certo Amor t’accese;
Nè io l’affermo invano;
Che da spirto cortese
Ei non sa star lontano;
Ora io ti chiamo, e tra foreste ombrose,
E tra selvaggi sassi
Mi fo scorta a’ tuoi passi;
Vieni a veder, come su piagge erbose
Si distruggono i cori
Di Ninfe e di Pastori.
Ah che non meno ardenti
Hanno sospir nel seno;
E se ne van dolenti
Lor querele non meno;
Nè men pensosi, e solitarj errando
Muovono i passi tardi,
Ed abbassano i guardi:
Ne men dal sonno desiato in bando
Le notti han per costume
Travagliar sulle piume.
Dunque vago di pene
Volando in ciascun loco
Amor n’empie le vene
D’inestinguibil foco?
Sempre scote la face, e tende l’arco,
E fa volarne strali
Per percosse mortali?
Voce è di verità; attende al varco,
Ed a morir ci mena,
Se ragion non l’affrena.
PERSONE DELLA FAVOLA.
Clori Ninfa.
Megilla figliuola di Tirsi.
Aritea Ninfa.
Tirsi Pastore.
Montano Pastore.
Leucippe Pastorella.
La scena è in Arcadia nel Monte Lampeo.
ATTO PRIMO
SCENA PRIMA
Clori, e Megilla.
Clo. Questo sì forte, e così ben guernito
Arco, di che ti parlo,
Cara Megilla, intra le nostre selve
Oggi provar m’è tolto,
E con quanto dolor non saprei dirti;
Sono costretta da costume usato
A ritrovar Licasta;
L’undicesimo giorno
Oggi rivolge a punto,
Che fatta madre d’un gentil fanciullo,
Giacesi in letto afflitta
A questi incomparabili diletti
Non voler metter fine;
Lascia, ch’altri sopponga
Il collo a’ gioghi maritali, e prenda
Legge da’ cenni del consorte; indarno
Furo uditi i consigli,
Ella divenne sposa,
Ora è venuta madre, e si tormenta
Da fiera febbre, e tardi
Da non picciola febbre,
Oh quante volte io le diceva in caccia
Per le foreste alpine;
Licasta, a questi studj,
Credo, ch’ella si penta.
Meg. Clori, se tuoi consigli
Prendessero le Ninfe,
Ben picciol tempo andrebbe,
Che queste nostre selve
Non avrebbono Ninfe;
Mira, ch’errar per monti,
E dar morte a le fere
Forse ci mette in petto
Assai men di diletto,
Che rimirarci intorno fanciulletti,
I quai siano sostegno