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324 | POESIE |
Che con freddo timor non faccia oltraggio,
Ai cor per loro ardenti;
Ombre, larve, spaventi,
Bestemmiati pensieri
Le dolcezze d’Amor rendano amare;
Siano l’alme amorose,
Ma ch’a sè stesse odiose
Si pentano d’amare.
Am. Esecrabil sembianza,
Che con occhi profondi, e guardi fosehi
Qui d’ogni intorno attoschi,
Chi sei tu? fra queste aure,
Ed al bel ciel superno
Oggi chi sa spirarti
Simulacro d’inferno?
Gel. Perchè contra di me tanto dispregio
Vil plebe pargoletta?
Qual io mi sia, d’Amor son rea nemica,
E Gelosia son detta:
Ecco la fiera, ecco la cruda,
Chi le trafigge il cor? chi la saetta?
Qui cantano tutti gli Amori in concerto.
Non mai ritorni
L’orribil mostro,
Ove soggiorni
Il signor nostro;
Certo non siamo arcier di piccol gloria
Se innalziamo trofeo di tal vittoria.
A messe bionda
È l’ombra infesta;
A nave l’onda,
Se mai tempesta;
Ma degli amanti le dolcezze strugge
Questa peste crudel, ch’ora sen fugge.
Liete danzate
Alme amorose,
Ne paventate
Frodi gelose,
Giusto è sperar d’ogni tempesta il porto
Or ch’al duolo d’Amor dassi conforto.
INTERMEDIO SECONDO
Fatto dalla Speranza e da Mercurio.
Sper. Degli Dei messaggiero
Ove ne vai veloce? i passi arresta,
E degna di tua scorta il mio sentiero.
Mer. O gentile, o leggiadra
O bella, in cui s’avanza
Il fior d’ogni conforto, ed a ciascune
Carissima Speranza,
Seorta ricerchi in van, mandami Giove
Al regnator de’ venti acciocchè spiani
L’onde nel mare a’ cavalier toscani:
Ma tu dove t’invii?
Che cerchi? e che desii?
Sper. Cerco d’Amor; già Citerea contommi,
Ch’omai tutti i mortali
Disperavano vita, ove eran punti
Dagli amorosi strali,
Cotanto era crudel la lor ferita;
Io con lunga vigilia
Ho temprato un liquore
Che bagnandone i dardi
Non farà più mortal piaga d’Amore.
Mer. Mirabile maestra
E di fare amor giocondo,
E di ben confortar chi s’innamora,
Odi dove dimora.
Va nella bella Italia, ove il bell’Arno
Bagna l’alma città, che nome ha Flora;
Colà sorge palagio,
Palagio non d’Armida,
Non d’Alcina, o d’Atlante,
Ma ben palagio a quei del ciel sembiante,
Ivi dentro gioisce
Amore in danza, che le Grazie ordiro,
E fa nei cori altrui mirabil prove
Con forza di bellezza
Non più veduta altrove.
Sper. Io me ne vo volando; addio, rimanti.
Mer. O ben felici amanti, ora ch’amore
Con la faretra sua darà ferita,
Onde giojoso pregerassi un core, Y
Nè morte soffrirà, che non sia vita.
Adunque, egri mortali, un aureo crine,
E labbra a rimirar di lucidi ostri,
E guance sparse di rosate brine,
E sieno occhi sereni idoli vostri.
Iride dà fine alla festa.
Le ricche spoglie, ed i gemmati fregi,
E per industre mano
Gli strani a rimirarsi abiti egregi,
Ei passi or lenti, or presti
Furo quasi a mirar cose celesti.
Ebbero ogni possanza, ebber ventura
Di far giocondo Amore,
Ed a lui serenâr la mente oscura;
Ma suprema dolcezza
Gli sparse, o donne, in cor vostra bellezza:
Rise a’ vostri sorrisi, onde gioire
Sogliono in aria i venti,
E del crudo Oceán placarsi l’ire,
E nelle luci accese
Del vostro sguardo ad esser lieto apprese.
Or di sì cara notte unqua l’obblio
Non porterà vittoria,
Ch’a sua difesa è per amarsi Clio;
Ed anco Amore istesso
Vuol dar di ben gradirla un segno espresso!
Ovunque chiameran per altra etate
Belle arpi, e belle cetre
A belle danze femminil beltate,
Egli verranne a volo
Soggiogatore altrui senza dar duolo.
Tenderà l’arco, ma piagando un petto
Farà della ferita
Vivace fonte d’immortal diletto;
Non cesserà gli ardori
Ma fia sno foco refrigerio a’ cori.