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DEL CHIABRERA 319

     Al solo minacciar del tue potere;
     Ma perche lungamente oscuro nembo
     Vuoi che funesti il volto della terra,
     Ed ingombri i mortali
     Orribile spavento
     D’ineffabili mali?
Amore.
Perchè regni memoria
     Entro il cor degli Dei del mio valore;
     E nel mondo laggiù cresca maggiore
     Il mio pregio; e mia gloria
     Stia rimirando, e taccia
     La sempiterna, e la caduca gente:
     Che può la mia faretra
     Ciò che vuol la mia mente.
Uno del Coro.
Odi come superbo altrui minaccia?
     E pur gli scherza in viso
     Lusinghevole riso.
Amore.
Amori, o vaghi Amori
     Su bell’ali veloci
     Leggiadri volatori,
     Dal vivo avorio della gola or esca
     L’aura gentil delle soavi voci,
     E perchè il pregio di mio stral più cresca,
     Dica per l’universo,
     Com’oggi s’innamora
     La bella, e vaga Aurora.
Coro di Amori.
Che ’l valor degli strali
     Onde Amor dolce, e lusinghevol fiede
     Possa lo smalto aprir de’ cori avversi;
     Mortali, ed immortali
     Con tante piaghe lor si ne fan fede,
     Ch’omai sua gran possanza è da tacersi;
     Tal ch’oggi io canterò gli altri diletti,
     Onde l’arco amoroso ingombra i petti.


ATTO TERZO


cefalo, aurora, notte, coro di segni celesti.

Cefalo.
Diva se non amata
     Come Donna mortale,
     Almen sì come Dea
     Da Cefalo adorata,
     A che mi vieni al fianco?
     A che pur prendi in seguitarmi affanno?
     Di si fatta vaghezza
     Gli eterni Dei gran meraviglia avranno.
Aurora.
Non sai che per Anchise arse d’amore
     Già lungamente il cor di Citerea?
     E che dal sommo ciel Cintia scendea
     Per l’altera beltà d’Endimione?
     Non è degli alti Dei biasmo l’amarvi,
     Però ch’amano voi sol per bearvi.
Cefalo.
Se nel colmo de’ cieli
     Non si condannerà tua nuova fiamma,
     Che ne favelleran gli uomini in terra,
     Come lor si riveli?
Aurora.
Dovrebbono ammirar nostra bontate,
     Per cui non siam di noi medesmi avari,
     Ed inchini, e devoti
     Renderne grazie, e consacrarne altari.
Cefalo.
Io non ho pieno il cor di sì gran senno.
     Che m’opponga al valor di tue ragioni,
     Ma Ninfa alma, e gentile
     M’ha così preso il cor con le sue chiome,
     E con l’ardor de’ suoi begli occhi puro,
     Ch’io più del ciel non curo.
Aurora.
Se ’l vivo foco, che m’avvampi in seno,
     Se la stanza immortal fra l’auree stelle
     Hanno men di possanza entro al tuo petto
     Ch’un vile amor terreno;
     Volgi la mente almeno,
     Che s’io qui teco fo lungo soggiorno,
     Il Sol fia senza scorta,
     L’aria non avrà lume,
     La terra inferma perirà gelata:
     Or vuoi tu ruinar l’alto governo,
     Che diede al mondo il Creator eterno?
Cefalo.
O Diva il Mondo è nella man di Dio
     Egli sel curi: io curerò me stesso.
Aurora.
Ed io verrotti appresso.
Notte.
Lumi, che in alto fiammeggiando eterni
     Ornate in più maniere
     L’immenso vel delle volubil sfere,
     La beltà dell’Aurora
     Per Cefalo bear ne gli alti Regni
     In terra oggi dimora,
     Nè si sa disdegnar ch’egli la sdegni.
     Deh ne gli umani ingegni
     Tanto saper si desti,
     Ch’intendano i mortali,
     Come il lor vero ben vien da’ Celesti.
Uno de’ segni Celesti.
Tacita Dea, che ne’ Cimmerii campi
     Tenebrosa soggiorni,
     Ed indi uscendo per fatal decreto
     Con prescritto intervallo il mondo adombri,
     Perchè contro l’usato
     Fra le stelle del ciel prendi la via?
     Che per te si desia?
     Ond’è cotal sospetto?
     Chi fa di tanto mal tuo cor pensoso,
     Cheta madre di requie, e di riposo?
Notte.
Anzi gli occhi di Giove io vo’ condurmi,
     Ed intender da lui,
     Ch’ogni core a sua voglia ordina, e regge
     S’a tutto l’universo ei cangia legge.
Un altro segno.
Or non sa rammentarsi
     Il vostro cor, che la metà del tempo