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DEL CHIABRERA | 311 |
E pur l’onor suo proprio;
Or non ne sarei detta traditrice?
E dimostrata a dito in ogni loco.
A me si come a vecchia
Che così gli secondi?
Gel. Licori tu comprendi,
Quanto ben cautamente
Si conviene ammendare i tuoi consigli,
E tu vuoi, Gelopea,
Mi metto a questa impresa,
Ciò ti deve bastare; io risoluta
Affatto son di trarmi
Questa spina dal core;
Or non puoi favellare,
Che tu favelli al vento.
Lic. Almen serba nel petto i
Tutte le mie parole;
E siami testimonio in ogni tempo,
Come ti ho consigliata,
E come ti ho pregata,
E quanto affanno ho preso
Per questo tuo pensiero;
lo giuro a questo Cielo, a queste stelle,
Che su questo momento
lo cangiarei la vita
Con ogni tormentata.
Per me tu non diparti; io non ti lascio;
Tu mi fai violenza.
Gel. Orsù rimanti omai,
Che il ciel profondamente è fatto oscuro.
Lic. Quanto è più scuro il cielo
lo men debbo lasciarti, almen ne porta
O luce di lanterna, o d’altra face,
Che ti scorga per vie si tenebrose.
Gel. Se mio proponimento
E di gir sconosciuta a che vuoi pormi
Pur lume infra le mani,
Che altrui mi manifesti?
Lic. Nell’andar, nel tornare
Può venirti in acconcio,
La compagnia del lume;
Porgi la mano, e prendi
Almen questo focile;
Se ti farà mestiero, indi trarrai
Per tuoi bisogni il lume.
Gel. Saggiamente ricordi. Or sta con Dio.
Lic. O Gelopea riguarda,
Che puoi pentirti ancora;
Ah figliuola consenti, ch’io ne vada,
E ch’io faccia la spia,
Che saperò ben farla;
Abbi pietà di questa vecchia, certo
Sento venirmi meno.
Gel. Io più non rispondo.
Lic. Ella ha date le spalle.
Or poscia, che miei preghi
Non han potuto ritenerla, sia
Qualche pietà nel Cielo,
Che me la custodisca, e la difenda
Nell’andar, nel tornare,
E le tolga d’attorno
Pericoli di morte,
Pericoli d’infamia.
SCENA SECONDA
Gelopea.
Questa mia buona vecchia
Parla amorosamente, ed è commossa
Teneramente per la mia persona,
lo conosco per certo
Il suo fervente amore,
Il qual per mille prove
Addietro ho conosciuto, e veramente il
Doverei rimanermi,
Siccome ella ammonisce;
Ma mi fa tanta forza
Il pessimo sospetto,
Ch’Atalanta mi ha sparso nella mente o
Che non posso disporre
Di me stessa a mia voglia
Voglio alquanto specchiarmittel)
In quelle gran bellezze,
Ch’hanno vinto Filebo, ed ha spezzata
Nel suo cor quella fede,
Di cui soleva meco
Tanto spesso vantarsi,
Ma se questa bellezza a lui pareva
Degna d’essere amata
Via più, che Gelopea,
Perchè tanto seguirmi?
Perchè tanto pregarmi?
Era forse obbligato,
Amarmi oltre sua voglia? o pur temeya
Non incontrare danno,
Se forse ei non mi amava;
Ma, ch’egli mi ami, e segua
L’amor d’altra fanciulla
Non è possibil cosa;
Indarno ei me lo giura;
Chi ama, ama una sola;
Infino a questo punto io vivo in dubbio,
Nè credo, nè discredo interamente;
Egli per tutti i segni,
Ch’usano dar gli amanti
Ha dimostrato amarmi;
Ma d’altra parte intendo,
Che gli uomini san l’arte
Di sottilmente fingere; ne vanno,
Per altra strada amando,
Che per quella una sola,
Che sia più frodolente;
Essi non ban vergogna,
Ma prendono diletto
D’esser chiamati ingrati;
Ma se si danno vanto
D’usare ingratitudine, per certo
Filebo avrà fra loro
Materia onde vantarsi
Ch’io di me mi fermai
Di volere sposarmi
Con esso seco, ho posto
Il mio cor in sua mano;
Da lui s’incominciava
Ed in lui si finiva
Ogni mio pensamento;
Berillo in questa villa
Di non bassa fortuna,